L’embrione non è materiale da laboratorio

di Renzo Caseri

  Anche se si mettono in evidenza i difetti della legge 40 rimane l’intenzione buona di questa legge che è quella di tutelare la madre e il figlio. Ma pone entrambe i genitori davanti a una responsabilità che non consente di fare eccezioni tra un figlio e un altro, tra uno sano e uno malato. A ciascuno offre le stesse opportunità perché davanti alla vita siamo davvero tutti uguali. E la scienza deve mantenere un atteggiamento di servizio senza assumere un approccio selettivo decidendo chi deve nascere e chi no.

  La diagnosi preimpianto pone a livello etico il dilemma della selezione qualitativa degli embrioni con la conseguente distruzione, se non corrispondono a determinati parametri o desideri. C’è infatti il rischio di considerare l’embrione umano come semplice «materiale da laboratorio».

  Quest’uso «strumentale» altera il concetto stesso di dignità umana o dignità della persona, che andrebbe riconosciuta a tutti. C’è inoltre il rischio di far passare l’idea che le persone malate o disabili non dovrebbero esserci. Mentre malattia e disabilità appartengo alla condizione umana e riguardano tutti in prima persona anche quando non se ne fa esperienza diretta.

  A una coppia che non può avere figli naturali mi permetto di dire che esistono molti bambini nel mondo a cui è negato il diritto di avere una famiglia. E se anche la via dell’adozione o dell’affido può apparire più lunga e difficile ha come esito una piena genitorialità ed è segno di grande generosità e responsabilità verso chi spesso ha già subito solitudine e sofferenza.


L’Eco Di Bergamo,  29 agosto 2012, pag, 6

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