di Tiziana Barrucci
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In sostanza la tecnica Exit permette, in
alcuni casi di malformazione del feto scoperte con l’esame morfologico, di
predisporre il necessario affinché al momento del parto il bebè possa non solo non
rischiare la morte ma anche sperare in una vita diversa. L’esperimento prende
vita dalla collaborazione dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù e del
Policlinico universitario Gemelli. Una notizia accolta con soddisfazione dal
ministro per la salute Renato Balduzzi, che sottolinea la priorità di «offrire
un’assistenza efficace e sicura, e un’attenta considerazione per i bisogni e i
disagi dei piccoli pazienti e delle loro famiglie».
Exit
mette in «sicurezza il neonato facendolo respirare artificialmente una volta
tagliato il cordone ombelicale», come spiega a Europa uno dei padri
dell’iniziativa, il professor Leonardo Caforio, responsabile dell’ambulatorio
di fisiopatologia fetale del Bambino Gesù e dirigente dell’unità patologia
ostetrica e ginecologica del Gemelli. Se
la patologia scoperta alla ventesima settimana rientra in un particolare gruppo
di patologie legate alla respirazione (tumori del collo o del polmone, anomalie
della laringe o della trachea cardiopatie congenite, ernie diaframmatiche) e se
la famiglia ha scelto di essere seguita dall’équipe medica, viene fissata una
data per il parto cesareo, il più possibile prossima alla tempistica naturale
di nascita, e programmata la tecnica Exit per quel giorno. A quel punto si
sfrutta la circolazione della placenta come circolazione extracorporea,
permettendo al bambino, ancora per metà nell’utero materno, di ottenere
ossigeno e ai medici di operare in sicurezza per procedere all’intervento
chirurgico sulla lesione diagnosticata in precedenza.
«Si tratta di una prospettiva nuova, anche
rispetto a quella dell’aborto –
specifica il professor Caforio – al momento abbiamo salvato già due bambini, ma
in queste ore stiamo ricevendo diverse richieste d’aiuto. Abbiamo una
prospettiva di riduzione della mortalità dal 50 per cento fino all’otto»
Di prospettiva innovativa parla anche il
professor Giovanni Scambia, direttore del dipartimento tutela della salute
della donna e della vita nascente del Gemelli, altro fondatore del progetto.
Solo che Scambia si spinge più in là, dato che Exit non rappresenta per lui
solo la «possibilità di non scegliere la soluzione dell’aborto terapeutico» ma
anche la base «di un principio generale che permette di iniziare a lavorare sui
trattamenti in utero». Trattamenti che per Scambia «sono già in corso a livello
sperimentale e che potrebbero portare dei risultati entro la fine dell’anno».
Trattamenti che permetterebbero, stando alle conoscenze attuali, di operare
dalla ventiseiesima settimana in poi e che presenterebbero la scienza quale elemento
cardine per superare qualsiasi dibattito di tipo etico.
I
chirurghi del Gemelli: «Risultati entro fi ne anno, così meno aborti»
Europa, 2 agosto 2012, pag, 5
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