Anche i «laici» bocciano la provetta senza genitori

di Emanuela Vinai

  Giugno 2005: tra i quattro referendum abrogativi della legge 40, il quesito per legalizzare il ricorso alla fecondazione eterologa spacca anche il fronte contrario ai limiti imposti dalla norma Con dubbi che oggi sono tutt’altro che superati.

  Eterologa? No grazie, e già dal 2005. Nelle percentuali elevatissime (74,1%) di astensione ai quattro referendum sulla legge 40, emerge un elemento significativo: il quesito sulla fecondazione eterologa risultò il più inviso agli elettori. Segmentando i dati relativi ai quattro articoli della legge sottoposti al voto, le cifre che si riferiscono all’abrogazione del divieto di fecondazione eterologa si distaccano di ben dieci punti percentuali rispetto agli altri tre: tra le schede votate, 77,4% sì (la media fu dell’88%) e 22,6% no (media 12%), con un forte aumento delle schede considerate bianche o nulle.

  I numeri della consultazione referendaria testimoniano il dibattito, l’esitazione e l’incertezza che serpeggiavano tra le fila dei fautori del voto abrogativo quando si toccava il nodo dell’eterologa. Le cronache di quei giorni riportano fedelmente la spaccatura esistente all’interno dei comitati per il sì: compatti su ogni fronte tranne sulla fecondazione eterologa. Così, nei talk show come nelle interviste, i «sì, ma...» divennero intercalare diffuso, e il dubbio categoria di pensiero.

  Partiamo dai politici. «Disagio» e «fortissima prudenza» si rincorrono sulle colonne del Corriere della Sera quando parlano i Ds. Ai dubbi di Massimo D’Alema si sommano quelli di Marco Minniti e Nicola Latorre che, pur dichiarandosi per quattro sì, esternano in tema perplessità etiche. I Cristiano-Sociali, riuniti in un direttivo per «mettere ai voti la linea», concludono con due sì, un "ni" alla libertà di ricerca e un sonoro no all’eterologa: «È una questione di etica molto forte, preferiamo lasciare libertà di coscienza». Parola dell’onorevole Marcella Lucidi, che si dichiara pubblicamente per il no all’eterologa, come il collega Pierre Carni ti che non mancò di rimarcare come, a suo parere, «il tema venga affrontato un po’ sportivamente».


   l 2 febbraio 2005 il Riformista pubblica il testo integrale di un documento sottoscritto da 60 intellettuali laici e cattolici del centrosinistra, il «Manifesto contro il bipolarismo etico»: libertà di coscienza solo sull’eterologa, «quesito che pone i maggiori problemi etici perché coinvolge tematiche complesse relative al nascituro, alla paternità e alla maternità». Tra i Verdi si distingue Paolo Cento, che nel motivare il suo dubbio per l’eterologa menziona il deciso no agli organismi geneticamente modificati per dire che il partito avrebbe dovuto essere altrettanto cauto anche su questo aspetto della fecondazione artificiale. E Mario Segni, storico leader referendario assolutamente contrario all’astensione, si esprime con pari determinazione per il no all’eterologa: «Bisogna ribadire il diritto dell’embrione ad avere una vita piena e normale».

  Nella stagione referendaria di 7 anni fa anche nel centrodestra si registrano posizioni discordanti. In testa Gianfranco Fini, allora ministro degli Esteri, che annuncia tre sì e un no: alla fecondazione eterologa. Identica opinione anche per Fabrizio Cicchitto, vicecoordinatore di Forza Italia, e per l’allora sindaco di Milano Gabriele Albertini, mentre Stefania Prestigiacomo vota sì, ma «anch’io ho dei dubbi sull’eterologa». Da segnalare anche il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni che, nel ricordare il punto di vista della legge ebraica sulla provetta, ribadisce il no proprio alla fecondazione eterologa. In un’intervista a Repubblica esterna la sua contrarietà assoluta alla fecondazione eterologa anche Barbara Palombelli, pur votando sì perché «mai mi sentirei di vietarla a un’altra persona». Stessa testata, intervista alla ricercatrice Elena Cattaneo: quattro sì, però la fecondazione eterologa... «Ho dei dubbi, ma non sono rispecchiati da questa legge».

   Che la fecondazione eterologa fosse percepita come una forzatura e uno scardinamento anche di altri valori era invece del tutto evidente per chi si esponeva in prima persona per la difesa della legge 40: Paola Binetti e Bruno Dallapiccola, presidenti del Comitato Scienza & Vita. «La gente sapeva che con la fecondazione eterologa erano in gioco anche la famiglia e la sua stabilità – ricorda la Binetti – e il no all’abrogazione di quell’articolo è stato in realtà un sì chiaro ed esplicito al diritto del bambino ad avere una famiglia certa e un’identità definita». Il genetista Dallapiccola conferma l’attualità degli aspetti scientifici: «La missione della legge 40 era quella di "bonificare" la fecondazione artificiale da forzature che mi pare stiano emergendo: chi si avventura all’estero alla ricerca di gameti sconosciuti incappa in quelle problematiche cui, qui, la legge ha messo riparo». Dopo 7 anni l’eterologa è di nuovo sul banco degli imputati, ma i dubbi, quelli, non si sciolgono per sentenza.

 Avvenire,  17 maggio 2012, pag, 2

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