L’importanza delle nuove generazioni
Il monito di Napolitano «fare bambini è un toccasana per
l’economia» apre il dibattito sulla natalità
di Giordano Bruno Guerri
Una famiglia numerosa degli
anni ’60. Oggi il Paese lotta con un tasso di natalità ancora troppo basso ma
in ripresa, iniziata a partire dalla seconda metà degli anni ’90, dopo 30 anni di
calo e il minimo storico delle nascite registrato nel 1995. Merito della
crescita è delle donne immigrate che nel 2008 hanno avuto in media 2,31 figli per
ciascuna.
Non so se fare figli sia un toccasana per
l’economia, come ha detto ieri il presidente Napolitano, ma ricordo che-prima ancora
del nostro presidente della Repubblica - un uomo politico come Winston
Churchill disse, con uno dei suoi colpi di genio: «Il miglior investimento che
un Paese possa fare è mettere del latte dentro un neonato». Del resto, pur non essendo
un economista, so per certo che avere a casa degli uccellini pigolanti in attesa di cibo
(e vestiti e giochi e scuole e medicine) stimola la voglia di lavorare e di
produrre ricchezza.
Da noi, in una società ricca, è diverso.
Sentivo giorni fa un giovane professionista quasi quarantenne (reddito più vicino
ai tremila che ai due mila euro al mese) sostenere che non può permettersi di
fare figli perché non potrebbe mantenerli. Ove, per mantenimento, si intende
scuola privata, tate ammodo, vestitini griffati e vacanze all’estero. Con
simili Aspettative è chiaro che continueranno a fare figli soprattutto, e paradossalmente,
i più poveri, quelli che si accontentano di campare. Non a caso Napolitano ha precisato
che una riforma del mercato del lavoro darebbe più sicurezza economica ai
giovani, producendo anche una maggiore propensione a riprodursi. Non solo: presidente
della Repubblica, governo e italiani sono d’accorso sulla necessità di
aumentare gli aiuti alle famiglie, per esempio con più asili nido: una società Maggiormente
strutturata in funzione dei nuclei con prole renderebbe tutto più agevole.
Però
fa tristezza sentire considerare il problema esclusivamente dal punto di vista
delle cause e delle conseguenze economiche. Se si trattasse solo di questo basterebbe
citare un antico proverbio consolatorio e ottimistico: «Ogni bambino, il suo fagottino»:
per dire che ogni neonato porta in dono ai genitori un qualche inaspettato
benessere. (Incredibile, ma vero.) Dunque, anche senza mettersi a fare poesia
sulla gioia individuale dell'avere figli, dovremo pur dirci che un Paese il
quale produca par goli in numero almeno pari alle automobili di grossa
cilindrata è un Paese più vivo e più gioioso.
Soltanto un uomo drammaticamente triste come
Giuseppe Ungaretti (Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie) poteva concepire
il pensiero «Non mi rimane che rassegnarmi a morire.
Alleverò dunque tranquillamente una prole».
Nessuno può davvero credere che allevare una prole sia cosa tranquilla: emozioni
a fiotti, ansie e paure, speranze e allegrie infinite, scoperte oltre ogni
immaginazione. Per dirne una, non ho mai avuto tanti scambi sociali, e così insoliti,
così inaspettati, come quelli che mi ha provocato il mio bambino cinquenne:
scegliendo, a scuola, i suoi compagni preferiti, Nicola sceglie per me e per la
mamma anche i loro genitori: persone che probabilmente non avremmo frequentato
per libera
scelta, ma che sono uno straordinario
arricchimento umano e sociale. E così è dimostrato che non si campa solo di
spread.
Quanti
siamo
Con 60.626.442 di abitanti l'Italia è il
quarto paese della Ue per popolazione dopo Germania, Francia e Regno Unito.
14%
Al 1 gennaio 2010 i giovani
finoa14 anni sono 53.000 in più rispetto all’anno passato e rappresentano il
14% del totale.
1/5
Le persone con oltre 65 anni d’età risultano
in aumento di 113.000 unità e ormai rappresentano 1/5della popolazione.
1,40
Nel 2010 il numero medio di nascite
per donna è stato stimato a 1,40, di poco inferiore all’1,41 del 2009.
2,1
Il livello considerato ottimale per una
popolazioneèdi2,1 figlio per donna, che per mette la costanza della popolazione.
il
Giornale, 10 marzo 2012, pag, 21
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