di Michele Bocci
La tecnologia avanza e la frontiera si
sposta. Il disagio di chi ha troppo a che fare con smartphone, tablet e
computer si inizia a incontrare alle elementari. Si chiamano dipendenze senza
sostanze e sono da qualche anno all’ordine del giorno in tutti i servizi
psichiatrici delle Asl italiane. E l’età di chi ha problemi si sta
pericolosamente abbassando. Non ci sono solo gli adolescenti che stanno troppo
attaccati ad Internet sul pc di casa, pazienti ormai citati da decine di testi
di psicologia e psichiatria.
Quelli che un tempo chiamavamo telefonini
sono sempre più potenti e permettono di navigare dappertutto, magari per
connettersi ai social network, in particolare Facebook, di fatto anticipando la
manifestazione della dipendenza da Internet. A scuola, a casa degli amici, il
pomeriggio al parco: ci sono preadolescenti e bambini che passano ore davanti
allo schermo. Hanno imparato presto, le loro dita iniziavano a prendere
dimestichezza con i touchscreen dei cellulari dei genitori quando erano molto
piccoli. «La Lombardia ha deciso di abbassare l’età in cui iniziano gli
interventi preventivi nelle scuole, ora siamo alla prima media. Ma la
prospettiva che stiamo studiando è quella di spostarci alle elementari, dove
possono iniziare a manifestarsi disturbi cognitivi e della memoria dovuti al
troppo tempo trascorso online». A parlare è Alfio Lucchini, psichiatra,
psicologo clinico e psicoterapeuta, direttore del dipartimento delle dipendenze
della Asl Milano 2 e presidente di Federsed, federazione italiana degli
operatori dei dipartimenti e dei servizi delle dipendente.
«Ai
servizi arrivano ragazzini, poco più che bambini, che non riescono a costruire
una relazione con gli altri.
Vivono una situazione di apatia che è del tutto
simile a quella provocata dalle droghe». Lucchini ha scritto con Paola Emilia
Cicerone “Oltre l’eccesso-quando Internet, shopping, sesso, sport, lavoro,
gioco diventano dipendenza”, in cui si affronta anche il tema dei giovani e si
parla di Iad, Internet addiction disorder. Si tratta di un problema definito
nella letteratura medica come abuso-dipendenza da Internet che, come sostiene
la Canadian medical association «è reale come l’alcolismo, provoca come le
altre patologie da dipendenza problemi sociali, sintomi astinenziali,
isolamento, problemi coniugali e prestazionali, problemi economici e lavorativi».
Con gli smartphone e i tablet l’accesso alla
rete diventa sempre più semplice e le situazioni di rischio aumentano. Del
resto già nel 2008 l’Istat sosteneva che il cellulare era il primo strumento
per cimentarsi nella «creazione e manipolazione di contenuti multimediali. In
media si comincia a usare abitualmente Internet a 10 anni, ma una percentuale
significativa di bambini ne fa uso già a 6». In questi quattro anni la
tecnologia è andata avanti, così come sono aumentati i ragazzini e bambini con problemi.
Lucchini spiega che alcune ricerche hanno constatato come nel nostro paese tra
gli studenti delle medie inferiori e superiori il 20% sono a rischio di
problemi da Internet, 30% sono abusatori e il 5% ha sintomi di dipendenza. Il
tutto mentre i genitori sanno poco della vita dei figli online.
Cesare Guerreschi è il presidente della
Siipac, la Società italiana intervento patologie compulsive. «Va fatta una
riflessione seria sui rapporti tra giovani e nuove tecnologie, ad esempio per
capire a quale età è giusto che inizino ad usarle — spiega — Qualcuno parla di
4 o 5 anni. La cosa importante è non lasciarli mai da soli quando si avvicinano
a computer o smartphone. Solo attraverso il confronto adulto ragazzino, si
possono far capire quali sono le cose più indicate per una certa età».
La Repubblica, 10 settembre
2012, pag, 21
Nessun commento:
Posta un commento