Punti nascita, piccolo non è bello “Ecco quelli da chiudere subito”


Partorire
La Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori sanitari ha ieri avviato
la discussione della relazione sulle morti per parto. “Il 72 per cento dei centri ha in Italia dimensioni che mettono a rischio mamma e neonato”. Non demonizzare il cesareo

di Valeria Pini


  L’ultimo caso qualche giorno fa: una donna è morta dopo il parto all'ospedale Miulli di Acquaviva, in Puglia. Dovrebbe essere un diritto, il primo per i bambini, ma anche per le mamme: nascere in modo sicuro. Eppure sono troppi gli ospedali e le cliniche considerati “a rischio” perché al di sotto dei necessari standard professionali e tecnologici, soprattutto a Sud. Lo ricorda la Relazione sui Punti Nascita italiani approvata, dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori e i disavanzi sanitari, da ieri  in discussione alla Camera. Un quinto delle segnalazioni che arrivano all’esame della Commissione riguarda episodi legati a gravidanza e parto e 8 volte su 10 ha perso la vita la madre o il neonato. Il 72% dei punti nascita nel nostro paese “è piccolo e fragile”, con una media di 56 parti al mese, solo il 27,6% ha la terapia intensiva neonatale. «Specchio delle anomalie del paese è il numero e la dislocazione delle unità di terapia intensiva neonatale:  ce ne sono otto solo a Palermo e otto in tutto il Veneto - spiega Leoluca Orlando, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori e i disavanzi sanitari - Ma la quantità non coincide con l'efficienza del servizio, perché molto spesso queste unità non sono fornite dell’attrezzatura necessaria».  

Nelle strutture dove si registrano meno di 500 parti l’anno  può succedere che il ginecologo assista a una sola nascita alla settimana. Poche secondo la Commissione parlamentare d’inchiesta: almeno 86 centri dovrebbero chiudere. «Quelli più grandi in genere hanno una guardia medica 24 ore su 24. Fanno meno ricorso al cesareo e dispongono di migliori e più efficienti dotazioni, in termini di personale e di tecnologie complesse», incalza Orlando. Sotto accusa anche l’eccessivo ricorso al cesareo (più del 35,4%). Per fare chiarezza sul fenomeno il ministero della Salute ha appena avviato un’indagine nazionale e nei reparti di ostetricia degli ospedali pubblici e privati arriveranno anche i Nas. «Il rischio di morte neonatale è più alto nei centri dove ci sono meno di 500 parti l'anno - spiega il professor Nicola Surico, presidente della Sigo (Società italiana di ginecologia e ostetricia) - Anche l'aumento dei cesarei non ha portato a una diminuzione dei casi di mortalità, si può dire che per le madri ci sono più rischi». Secondo Claudio Giorlandino, segretario generale della Sidip, Società italiana di diagnosi prenatale e medicina materno fetale, «il cesareo non è un reato, anche se ci sono degli eccessi. Grazie al parto cesareo in Italia nascono pochissimi bambini  cerebrolesi mentre in altri stati, dove ci sono meno cesarei, vengono al mondo molte creature con paralisi cerebrali causate da difficili parti naturali, voluti a tutti i costi». Spesso si ricorre al cesareo perché solo il 15,3% dei punti nascita è dotato di partoanalgesia, la possibilità di ricorrere a parto naturale indolore.

Nascere al Sud, è qui che si rischia di più

   Nascere è comunque più rischioso nelle regioni del Sud con strutture più piccole e organici ridotti. «Non è un caso, come non lo è che anche il maggior numero di segnalazioni di presunti errori medici provengano sempre dal Meridione: su 104 episodi, la metà è concentrata tra Sicilia e Calabria», dice il presidente della Commissione d’inchiesta, Leoluca Orlando. Cresce il numero di denunce penali, ma il 99% si risolve con l’archiviazione. «Arrivare ad una condanna a carico di sanitari, è difficilissimo — spiega Orlando — Se pure, infatti, è possibile dimostrare che si sia verificato un errore, non altrettanto facile è provare che sia stato la causa di un decesso». Esistono comunque fasi del parto più a rischio per mamma e bambino. «I momenti iù delicati sono la fase dilatante del travaglio e qui, a volte, si deve ricorrere al cesareo, e la fase espulsiva — spiega Surico — In sala parto deve essere presente l’anestesista, il neonatologo, l’ostetrica e il ginecologo». Il fattore età non va sottovalutato.

I CESAREI
  44% dei cesarei nei punti nascita più piccoli 32,8 negli ospedali grandi

I PRIVATI
  50,5 per cento di cesarei nelle cliniche private; 36 % nel pubblico

LA FECONDITÀ
  1,34 figli per donna 31,4 età media del parto - 29,1 età primo figlio

LE DENUNCE
  Circa il 10% delle denunce per lesioni o omicidio colposo riguarda la gravidanza

la Repubblica, 21 febbraio 2012, pag, 36

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