Mancano norme nazionali che stabiliscano l’obbligatorietà
Diritto alla parola. Per i propri figli già
al mondo, ma soprattutto per quelli che arriveranno. Tornano a chiederlo con
forza i genitori dei bambini nati con un problema di sordità. «Non è possibile
che nel 2012 questo diritto fondamentale sia ancora negato» denuncia Jodi
Cutler, portavoce di un movimento di genitori e animatrice di un blog (dai genitori
ai genitori. blogspot.com) e di un forum su Facebook diventati punto di
riferimento per oltre mille famiglie.
Il problema ha una soluzione da tempo
identificata e condivisa dalla comunità scientifica internazionale: lo
screening audiologico universale entro i primi 3 o 4 mesi di vita, per scoprire
subito i problemi di sordità e intervenire precocemente. «Ci vuole una
normativa in ogni Regione, non si può più aspettare—spiega Luciano Bubbico, otorino
del dipartimento di Scienze biomediche dell’Istituto affari sociali di Roma—.
C’è il serio rischio che le famiglie aprano contenziosi legali, perché siamo di
fronte a una disparità di trattamento sanitario da Regione a Regione o anche da
ospedale e ospedale ». A quanto dicono le associazioni di mamme e papà due
famiglie avrebbero fatto causa, perché ai figli sarebbe stata diagnosticata la
sordità in ritardo.
Lo screening audiologico è un metodo di
prevenzione a basso investimento (l’apparecchio per l’esame delle otoemissioni
acustiche costa circa 5mila euro), in grado di assicurare una vita normale ad
un bambino e alla sua famiglia e risparmi notevoli in termini di costi sociali
e sanitari. Il punto è che non esistono norme che lo rendano obbligatorio a
livello nazionale. Nel Piano sanitario 2011-2013 viene indicata come una delle
priorità del percorso nascita «l’estensione dello screening audiologico
neonatale della sordità congenita per raggiungere almeno il 90% dei neonati».
Ma tocca poi alle Regioni agire. Di fatto solo sette (vedi grafico, ndr) hanno
adottato una normativa sullo screening, mentre la maggioranza delle altre non
ha una legislazione e l’esame si fa su
base volontaria.
La Società italiana di neonatologia invece ha
creato il Gruppo di studio organi di senso. «A gennaio spediremo un
questionario a tutti i centri nascita — dice Stefano Martinelli, neonatologo al
Niguarda di Milano e segretario del progetto — per capire in quali viene fatto
lo screening e, se non viene fatto, per quale motivo. Soltanto comprendendo
questo potremo apportare i giusti correttivi».
Corriere della Sera, 18 dicembre
2011, pag.62
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