Nei giovani la componente
emotiva è spesso causa scatenante degli attacchi. I consigli dell’esperto
Circa il 7 per cento dei bambini tra 6 e 7
anni e ben l’undici per cento dei ragazzini tra 12 e 14 anni soffre di
emicrania. Ancora più alte le percentuali di chi soffre di cefalea tensiva, che
ha però nei più piccoli effetti meno invalidanti e dolorosi che negli adulti.
«A differenza degli adulti, gli attacchi di emicrania nei bambini e negli adolescenti
possono essere più brevi, spesso bilaterali e con meno sintomi di
accompagnamento — premette Vincenzo Guidetti, che insegna Neuropsichiatria
dell’Infanzia e dell’Adolescenza alla Sapienza di Roma — ma non si può mai
generalizzare. La diagnosi è più difficile, e ci si arriva per esclusione,
soprattutto nei piccolissimi: a un anno e mezzo difficilmente sono in grado di spiegare
che cosa hanno. Già a 4-5 anni, invece, sono in grado di rispondere alle
domande del medico dettagliatamente, e anzi sono pazienti particolarmente
precisi se interrogati bene. Nei più piccoli, oltre a una componente genetica
delle cefalee, gioca un ruolo importante l’ambiente, in particolare il rapporto
con la madre. Negli adolescenti quello con i pari, con i compagni di scuola o
gli amici».
Ma quali sono i segnali che dovrebbero
insospettire o preoccupare un genitore? «Il timore della famiglia — precisa
ancora Guidetti, past president della società italiana per lo studio delle cefalee
— è che le cefalee possano essere secondarie a un tumore cerebrale. Oppure a un
deficit visivo, cosa che accade, ma in casi piuttosto rari. Ci sono, però, le
cosiddette bandiere rosse, i segnali di allarme che devono indurre i genitori
ad andare dal pediatra. Primo, quando compare improvvisamente una cefalea che
non c’è mai stata prima,
oppure quando, in chi soffre invece di cefalea, c’è un
improvviso cambiamento della modalità dell’attacco, da tensivo a pulsante.
Oppure quando la cefalea sveglia di notte, quando viene scatenata dal
movimento, quando si accompagna a cambiamenti nella personalità o nel
rendimento scolastico e sempre quando ci si sveglia al mattino con la cefalea».
Sarà poi il pediatra ad indirizzare eventualmente ad un centro cefalee.
I fattori emotivi restano comunque, in età
evolutiva, causa scatenante del mal di testa nell’80 per cento dei casi.
«Questo perché — sottolinea Guidetti — l’interfaccia tra psiche e corpo è molto
più connessa. Se un bambino piccolo ha un rapporto difficile con la mamma, avrà
difficoltà anche nell’allattamento al seno, tanto per capire. Mentre per i più
grandi basta un cattivo voto, o la paura di un’interrogazione a scatenare una
crisi di emicrania. In questi giovani e giovanissimi è come se funzionassero
meno bene i meccanismi di protezione e di difesa nei confronti del mondo esterno,
con una conseguente minore risposta ad eventi stressanti. Per questo motivo è
importante parlare a lungo e diffusamente con i pazienti giovani e non è un
caso che una visita media non duri meno di un’ora».
la Repubblica, 6 dicembre 2011, pag.33
Nessun commento:
Posta un commento