Da quando la
maternità è diventata una scelta, le cose si sono complicate: io scelgo, quindi
devo essere all’altezza. Un saggio di Élisabeth Badinter
di Rossella Valdrè
Un nuovo tiranno sembra incombere sull’impegnata
donna di oggi: no, non è l’uomo, il marito o il capo. È il bambino. O meglio:
non tanto il bambino reale in carne ed ossa, ma il bambino immaginario, il
bambino idealizzato a cui deve rispondere, e corrispondere, una madre
altrettanto idealizzata. Eccolo, dunque, il nuovo insidioso tiranno del terzo
millennio: l’idealizzazione. A lanciare l’allarme, non nuova a questi argomenti
(si ricordi La strada degli errori del 2004), è la filosofa francese
Élisabeth Badinter, il cui ultimo libro Il conflitto. La donna e la madre esce
per Corbaccio (pp. 178, e 16) in questi giorni (orrenda la traduzione del
titolo in italiano, Madri cattivissime). Il «nuovo» paradosso si annida
in quella che ci sembrava (che è, anche) una conquista: la libertà. Da quando
la maternità da destino obbligato è diventata frutto di libera scelta, le cose
si sono complicate: io scelgo, dunque devo essere all’altezza. La
Badinter denuncia come, dopo i gloriosi anni del culturalismo e del femminismo
nella sua genuina radice di rottura (da De Beauvoir in poi), dagli anni 80 è in
corso una strisciante involuzione che ha per oggetto le conquiste di tempo e
libertà ottenute in precedenza dalle donne, «un’offensiva» — la definisce — che
vede la complicità del neonaturalismo con le politiche neoconservatrici, ma non
è estraneo un certo politically correct di sinistra (per il quale
bisogna essere buoni). Involuzione insidiosa e
ben mascherata, ma pericolosa:
si poteva avercela col genere maschile, ma come prendersela col bambino? Il
«nemico» contro cui battersi diventa non più l’Altro, ma la donna stessa.
Miscela esplosiva: sotto le cannonate
colpevolizzanti del nuovo naturalismo (niente biberon, allattamento al seno,
niente pannolini sintetici che «fanno male», ritorni in auge del parto naturale
ecc...), unite al taglio al welfare imposto dalla crisi, a farne le
spese è sempre, sì, di nuovo la donna, ma con una novità. Sono le donne stesse
a volere questo; le neonaturaliste francesi sono giovani che si ribellano alle
madri e alle loro conquiste. Cosa è avvenuto? Corsi e ricorsi della storia, o
fenomeni che vanno approfonditi?
Dal naturalismo a fare del bambino un piccolo
despota, il passo è breve: tutto gli va concesso. Perché cresca senza limiti
imposti, secondo la sua natura. Perché non ha scelto di nascere, non gli
si può dire di no, bisogna assecondarlo. Sennò, non sei una brava madre:
non si può riconoscere l’ambivalenza (l’epoca televisiva non sembra tollerarla,
o tutto bello o tutto brutto), il fallimento dell’essere genitori, la delusione
che talvolta ci perseguita. Dati e statistiche alla mano, la Badinter non scava
nel profondo, ma mette in luce come solo certe nicchie privilegiate, donne
istruite e abbienti, si permettano di disobbedire alla legge
dell’idealizzazione e a far di testa loro secondo coscienza. Dunque, un altro
regresso che non ci aspettavamo: la disuguaglianza non va cercata tra uomo e
donna, ma tra donna e donna, quella con gli strumenti economici-culturali, e
quella che ne è priva... Ci siamo illusi che la libertà avviasse un circolo
virtuoso? Che la libertà, come un file del pc, aprisse altre porticine di libertà?
Presto per dirlo forse, ma non sembra essere andata così. Viviamo nell’epoca
degli imperativi paradossali, per cui quelle che sembravano conquiste in
libertà, si sono rivoltate nel loro contrario. Non solo devi essere una madre perfetta,
ma devi godere, divertirti, essere sana, sembrare più giovane. Simpatica
Badinter quando rivendica il diritto ad essere stata una madre mediocre! Tre
figli, una bella carriera, una vita piena: ha fatto quello che ha potuto...
E se ce lo dicessimo un po’ più spesso? D’altronde, niente di così nuovo sotto
il sole, se già il Grande Inquisitore di Dostoevskij ci aveva avvertiti. Volete
rendere un uomo infelice? Complicargli la vita? Dategli la libertà.
Corriere della Sera, 25 settembre
2011, pag.40
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