di Andrea Malaguti
Il funzionario dell’Ufficio Nazionale di Statistiche prova a dirlo con un umorismo tutto suo: «Gli inglesi stanno decidendo di smettere di morire». Non raccogliendo alcun genere di riscontro, neppure un labbro stirato come cenno di cortese comprensione, decide di andare al sodo. «Un suddito della Regina su quattro con meno di sedici anni è destinato a diventare centenario. Questa la sua aspettativa di vita». Poi, perché non ci siano dubbi, scandisce le parole: «Cento anni tondi. Un destino attualmente riservato a 11 milioni di onnazionali, 900 mila di loro hanno già più di 65 anni». Il dubbio attraversa la sala piena di professori universitari e di direttori sanitari:
andiamo verso a un mondo migliore o pieno di infelicità?
andiamo verso a un mondo migliore o pieno di infelicità?
Seduto su una poltrona di pelle con lo stesso odore dell’interno di una Lexus, il conservatore Ian Duncan Smith, responsabile delle politiche sul lavoro, ossessionato dall’idea di un Paese soffocato dalle malattie croniche e schiacciato da un peso pensionistico in grado di schiantarlo alle fondamenta, ribadisce in tempo reale che l’età per ritirarsi assistiti dallo Stato passerà prima a 66 e poi a 70 anni nel giro di un lustro. «Siamo orgogliosi del nostro sistema. Peccato che non regga più. D’altra parte fu introdotto nel 1936 quando solo il 33% degli uomini e il 40% delle donne aveva una aspettativa di vita superiore ai 65 anni». E David Sinclair, responsabile dell’International Longevity Centre, aggiunge: «Siamo destinati a sopportare un poderoso aumento della pressione fiscale ». Anche perché se è vero che già oggi in Europa si vive fino a 77 anni, sono solo 61 quelli in cui il fisico non ha bisogno di cure. E la forbice è destinata ad allargarsi. Benvenuti nel futuro.
Va da sé che il problema non è solo inglese. Le donne francesi sono le più longeve. Arrivano a 84,4 anni, tre mesi in più delle italiane. Tra gli uomini il primato va agli svedesi: 78,8. La Romania è il fanalino di coda tra le donne (76,2), la Lituania chiude tra gli uomini (65,1). Ma entro il 2050 uomini e donne resisteranno fino a novant’anni e le spese sanitarie saliranno vertiginosamente. Un mondo oggi forse inimmaginabile. O forse già cominciato. Le compagnie telefoniche, ad esempio, investono massicciamente su quello che si chiama mobile-healthcare, cioè curarsi col telefonino. «Un aggeggio che ha persino il 70% della popolazione sub sahariana.
Il dottor Victor Higgins,manager della Apllied-Nanodetectors, mostra un apparecchio telefonico che è in grado di c o n t r o l l a r e l’asma. Si soffia dentro e quello registra ogni singolo dato inviandolo a un centro ricerche. Se i risultati sono allarmanti il paziente viene avvisato. «Non saremo più costretti a perdere ore negli ospedali. Malattie e riabilitazioni saranno gestite da tecnologie che chiunque potrà avere in casa o portarsi intasca». Il giro di affari è già di 40 miliardi di euro l’anno. Se una parte di società è destinata a pagare, un’altra come sempre incasserà moltissimo.
Diana Athill è una signora speciale. Ha 94 anni e vive in una casa di cura londinese. E’ una donna naturalmente elegante, con occhi molto più azzurri di quello che è banalmente il loro colore. E’ una scrittrice e tra i suoi amici ci sono (o ci sono stati) Philip Roth, John Updike e Mordecai Richler. Ma adesso la persona con cui va più d’accordo è una donna di 105 anni che vive sotto il suo stesso tetto. «E’in gamba, ma vorrebbe morire. Dice che il suo corpo, pur riuscendo a fare ancora molto, non le dà più alcun piacere. Anzi, l’ostacola, E spiega che tutto quello che comincia prima o poi deve finire. Beh, ha ragione». La Athill racconta che invecchiando ha sentito i suoi sintomi come crimini. Sapeva che avrebbe dovuto rendere piena confessione al dottore,ma non aveva voglia di sentire la condanna. Si è dovuta rassegnare. «Questa previsione dei 100 anni nonmi dà nessuna soddisfazione. Non ci voglio arrivare. Ma nessuno è autorizzato a prendere la decisione al mio posto. Dobbiamo tenere gli occhi aperti. La tentazione di scaricare gli anziani è forte. Invece vanno curati. Per quello che si può. Finché lo decidono loro». Lei lo sa bene che non basta un filo di ferro a riparare le fessure dell’esistenza.
La Stampa, 21 aprile 2011, pag. 12
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