Introdotti limiti più
rigidi
Le
indicazioni del Codex Alimentarius, commissione Fao-Oms che gestisce
gli standard alimentari. Ma i singoli Stati possono anche scegliere
di non applicarle
Piombo
e arsenico si trovano nell’ambiente e finiscono nella catena
alimentare. I farmaci entrano negli allevamenti e poi terminano nei
piatti. Ma se il piombo si trova nel latte in polvere per i neonati e
l’arsenico nel riso (alimento base per buona parte della
popolazione mondiale), le norme vanno subito riviste e rese ancora
più rigide. Così il Codex Alimentarius, la Commissione mista della
Fao (Organizzazione Onu per l’agricoltura) e dell’Oms
(Organizzazione mondiale
della sanità) che gestisce gli standard
alimentari, ha adottato limiti più rigidi nei livelli massimi di
questi veleni che possono essere presenti senza minare la salute dei
consumatori. Il Codex fissa dei paletti, ma poi gli Stati devono
applicarli perché siano efficaci le precauzioni. Il problema è che
possono anche non farlo. Ecco allora i nuovi limiti: non più di 0,01
milligrammi di piombo per chilo di prodotto negli alimenti per
lattanti; 0,2 milligrammi di arsenico per chilo di riso.
I
rischi per lo sviluppo
I
neonati e i bambini piccoli sono particolarmente vulnerabili agli
effetti tossici del piombo,
che possono causare conseguenze negative
permanenti a livello cerebrale e minare le capacità cognitive. Ma
come mai c’è questo piombo? Spiega la Fao: «Esiste nell’ambiente
e tracce possono finire negli ingredienti che sono utilizzati nella
produzione di latte artificiale. Occorrerebbe utilizzare solo materie
prime provenienti da zone in cui il piombo è meno presente». O del
tutto assente. E l’arsenico nel riso? Questo elemento si trova a
livelli elevati nelle acque sotterranee. Passa nel terreno e finisce
nelle colture del riso che ne assorbe più di altri prodotti.
Un’esposizione prolungata del consumatore all’arsenico è
sicuramente dannosa: può causare tumori e lesioni della pelle.
È
stato anche associato a problemi di sviluppo, a malattie cardiache,
al diabete, a danni neurologici. Non va dimenticato che il riso è
piatto base per milioni di persone. Entra nel merito la Fao: «La
contaminazione da arsenico è particolarmente preoccupante in alcuni
Paesi asiatici, dove le risaie sono irrigate con acque sotterranee
contenenti sedimenti ricchi di arsenico, pompate da pozzi tubolari
poco profondi. Migliori sistemi d’irrigazione e pratiche agricole
più efficienti potrebbero contribuire a ridurre la contaminazione,
per esempio coltivando il riso in letti rialzati piuttosto che in
campi allagati». Paesi asiatici che esportano riso (meno costoso)
anche in Italia, a discapito dei nostri coltivatori, ma anche (come
si può intuire dalle raccomandazioni) dei consumatori.
Farmaci
negli allevamenti
Il
Codex, infine, raccomanda una riduzione dell’uso dei farmaci
veterinari negli animali destinati al consumo alimentare, per evitare
che residui di medicinali rimangano nella carne, nel latte, nelle
uova e nel miele. In particolare, indica otto farmaci
(cloramfenicolo, malachite verde, carbadox, furazolidone, nitrofural,
cloropromazina, stilbene e olaquindox), compresi gli antimicrobici e
i fattori di crescita, come possibile causa di effetti negativi sulla
salute umana. Anche perché contribuiscono allo sviluppo di ceppi
batterici farmaco-resistenti. Vera futura piaga in assenza di nuove
molecole antibiotiche. Le norme del Codex servono in molti casi come
base per le legislazioni nazionali e forniscono i parametri di
riferimento per la sicurezza del commercio alimentare internazionale.
Ma non sempre è così, e questo è altamente rischioso in un’epoca
di commercio senza confini.
Corriere
Della Sera, 25 luglio 2014
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