Martedì la Consulta si
pronuncerà sul divieto della fecondazione eterologa (cioè quella in cui il
figlio concepito in provetta è ricavato da un ovulo e/o da uno spermatozoo di
genitori biologici esterni alla coppia dei genitori giuridici con cui poi il
bambino vive) contenuto nella legge 40. Vogliamo qui argomentare in favore del divieto
di questa pratica, pur con tutta la comprensione verso coloro che sono sterili
o portatori di malattie genetiche davvero gravi, che vedono in essa la
possibilità di avere un bambino: queste persone vanno confortate e ascoltate. E
va inoltre nitidamente affermato che qualsiasi essere umano, quale che sia il
modo in cui è stato concepito, è dotato della medesima incommensurabile
dignità, ragion per cui la sua nascita è un evento gioioso.
l problema, però, è che se già la
fecondazione omologa comporta diversi problemi etici, l’eterologa ne comporta
anche di più. Vediamone solo alcuni. Per esempio, l’eterologa con donatori (che
in realtà sono spesso venditori) sconosciuti di gameti lede il diritto di
ognuno di conoscere le proprie origini, quello di sapere chi sono i suoi
genitori (a cui molto probabilmente assomiglierà per tutta la vita), lede il
diritto di ognuno di conoscere informazioni sanitarie molto importanti, talora
vitali, relative a malattie ereditarie, che potrebbero manifestarsi quando il genitore
biologico non può più avvertire quelli giuridici.
Ancora. L’eterologa provoca sovente problemi relazionali
e psicologici. Nei genitori giuridici, soprattutto nel padre, provoca non di
rado un senso di estraneità nei riguardi dei bambini prodotti che sono
percepiti molto diversi da sé (negli Usa sono già avvenuti diversi casi di disconoscimento
di paternità). E dato che prima di riuscire ad avere un bambino in braccio è spesso
necessario fare molti costosissimi tentativi (il tasso di successo di queste
tecniche è bassissimo, circa il 15-20%), spesso frustrati da dolorosi
insuccessi, questi fallimenti provocano non raramente tensioni nella coppia e
possono determinare in uno dei coniugi, già prima della nascita, una sorta di
rigetto verso il bambino. Dal canto suo, il nato da fecondazione eterologa si sente
molto spesso abbandonato dai genitori biologici. Egli sa che, da qualche parte,
i suoi genitori biologici vivono indipendentemente da lui, forse
nell’indifferenza per il suo destino, forse con altri figli e figlie, che sono
suoi fratelli. Così, anche il figlio può arrivare a una crisi di rigetto verso
i genitori giuridici che gli hanno causato questa situazione.
Inoltre, i nati da eterologa non conoscono i
loro fratelli o sorelle, che a volte sono diverse decine (c’è un americano i
cui spermatozoi sono stati usati per produrre 150 bambini) e rischiano di sposare
consanguinei. Si obietta che alcuni dei problemi possono avvenire anche nel
caso dell’adozione. Ma, anche qualora fossero altrettanto frequenti (il che non
è vero), l’adozione, che è una scelta di vita bellissima, prende le mosse da un
dato di fatto che essa non produce: la separazione di un figlio dai suoi genitori
biologici (causata dalla loro morte, dal loro abbandono, ecc.) e cerca di
alleviare le sofferenze di un bambino. L’eterologa invece questa separazione,
che è causa di sofferenze, la produce volutamente. Infine, la fecondazione artificiale
espone il nascituro a un rischio molto maggiore, rispetto al concepimento
naturale, di avere malattie anche gravi.
Avvenire, 17 maggio 2012, pag, 341
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