“Troppe poppate fanno male”


Studio britannico sconfessa l’Oms: allattare fino a sei mesi nuoce ai figli

di Andrea Malaguti. Corrispondente da Londra

  Il primo effetto dello studio sull’allattamento materno pubblicato dal «British Medical Journal » e firmato da quattro prestigiosi pediatri di Edimburgo, Londra e Birmingham è stato il caos. La tesi è piuttosto semplice: «Per fare   crescere sani i vostri bambini, sei mesi di esclusivo allattamento al seno sono troppi. Per evitare allergie, intolleranze alimentari e pericolose mancanze di ferro è meglio limitarsi a quattro, cominciando ad accompagnare il latte con del cibo solido nei due mesi  successivi ».Boom.
  Mentre il governo di David Cameron invitava il servizio sanitario nazionale a prendere in considerazione «le nuove
evidenze», il sito Musnet, una sorta di casella postale delle inquietudini delle neomamme, si è intasato di richieste allarmate. Una sola domanda riassumeva le altre. «Scusate, fino a ieri ci hanno raccontato balle?». Quesito interessante.

  Dopo lungo dibattito, nel 2001 l’Organizzazione Mondiale della Sanità spiegò al pianeta che sei mesi esclusivi di allattamento materno erano certamente il modo migliore per fare crescere i bambini sani. Il documento era  preciso. «Il nutrimento delle mamme è completo. Per i primi sei mesi non serve altro. Neppure l’acqua. Un’alimentazione di questo tipo eviterà anche di esporre il neonato al rischio di malattie infettive». Due sole eccezioni: farmaci e vitamine. Messaggio inequivocabile, ma poco recepito. Gli Stati Uniti ritennero di non doversi sentire vincolati al suggerimento dell’Oms. E come loro il 65% dei Paesi europei.  «I nostri pediatri sanno come fare»,   spiegarono. L’Inghilterra no.
  «Breast is the Best»,  niente è come il seno, fu lo slogan adottato dal sottosegretario laburista alla salute Hazel Blears per la campagna di persuasione delle giovani madri. Il numero delle donne che introducevano cibo solido nell’alimentazione anche prima dei quattro mesi di vita precipitò dall’85% al 51%. «Teneteli sei mesi attaccati a voi». Un successone. O un nuovo problema?
  La dottoressa Mary Fewtrell, che ha lavorato allo studio pubblicato due giorni fa, sostiene che la mancanza di cibi solidi tra il quarto e il sesto mese può avere conseguenze pesanti. L’obesità, per esempio, ma anche forme di anemia che possono produrre problemi motori o disturbi mentali. «In Svezia la celiachia è diminuita quando è stato consigliato alle mamme di introdurre il glutine già dopo il quarto mese e i bambini alimentati solo con il latte fanno più fatica a sopportare il gusto amaro, finendo successivamente per rifiutare la verdura. Il 30% di loro ha problemi di ferro. Con questo non voglio dire che l’allattamento al seno non sia decisivo. Al contrario. Lo è assolutamente, va sostenuto e promosso. Ma in modo esclusivo solo per i primi quattro mesi». Una posizione analoga a quella espressa dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare nel 2009, ma ritenuta irricevibile dal Royal College di Pediatria e Salute dei Bambini di Londra e dal Royal College delle Ostetriche. «Per noi le direttive restano quelle di sempre. Seguire questa strada vorrebbe dire fare un passo nel medioevo».
  Patti Rundall, attivista dell’associazione Baby Milk Action, racconta di essersi andata a spulciare i curriculum dei quattro medici coinvolti nella nuova ricerca e di avere scoperto che tre di loro hanno lavorato negli ultimi tre anni per aziende che si occupano di alimentazione per bambini. «Il loro interesse è  evidente». La Fewtrell ha replicato secca. «Assurdo. Siamo solo scienziati ». In mezzo ci sono le mamme come Isobel Hoyle, dentista di Manchester, che quattro anni fa ha allattato il suo primogenito per sei mesi consecutivi e oggi con la piccola Katie non sa che cosa fare. «Le donne come me hanno bisogno di sicurezze, non di messaggi confusi. Questa informazione yo-yo è incivile». Accarezza la testa di Katie e l’attacca al seno. Lei si scioglie. «Breast is the Best». Chi le convince più adesso le neo mamme?

 Neonati più grandi del 5-10%
  I Cambiano le misure dei neonati e dei feti alle ultime settimane di gestazione: rispetto a trent’anni fa risultano infatti più lunghi e pesanti del 5-10%. E arrivano dunque le tavole aggiornate per la misurazione dei feti, messe a punto dalla Società Italiana di Diagnosi Prenatale e Medicina Materno Fetale (Sidip), che ne sollecita l’adozione proprio per evitare errori nella valutazione dello stato di salute dei nascituri. Le tavole aggiornate derivano da un’ampia casistica ecografica e si basano sullo studio di oltre 5mila feti di donne italiane con gravidanza «a basso rischio».

FAVOREVOLE ALLA RICERCA
“Il latte materno non è l’elisir di eterna salute”
di Elena Lisa

   «Nutro grande simpatia, ma alcune mamme sono “talebane” dell’allattamento».
A pensarlo (e dirlo) è Giuseppe Ferrari, primario emerito della divisione di pediatria e neonatologia, ed ex direttore del dipartimento materno infantile dell’ospedale Mauriziano di Torino.
Cosa intende per «talebane »?
«L’allattamento al seno, come evidenziato dallo studio inglese, ha dei limiti innegabili. Ci sono donne che invece parlano del latte materno come fosse l’elisir di eterna salute. Esagerano senza valutare i danni che provocano».
Ad esempio?
«Il latte rinforza il sistema immunitario: una mezza bugia. Se è vero che gli anticorpi passano attraverso il latte, nell’organismo dei figli, è anche vero che aderiscono alla mucosa intestinale, non entrano nel sangue fino a "rinforzare il sistema"».
Già,ma nell’intestino gli anticorpi faranno qualcosa …
«Aiutano a prevenire infezioni intestinali, ma in Occidente il rischio di ammalarsi non è alto. Diverso il discorso per le zone povere del mondo dove è chiaro che l’allattamento al seno è l’unica strada per prevenire contagi, epidemie, diarree».
Nessuna virtù?
«La nutrizione esclusiva di latte materno crea due carenze: quella di vitamina "k" con proprietà antiemorragiche, e di ferro. Il vantaggio se lo assicurano le mamme che prolungano l’allattamento perché si sentono gratificate».
E i figli no?
«L’effetto psicologico negativo è più alto dei benefici. Se il seno materno acquista una funzione consolatoria si costruiscono personalità insicure, adulti che non sapranno gestire le frustrazioni senza avere in cambio conforto. Proprio ciò che la vita, anche dopo una sonora batosta, non assicura di dare».

CONTRARIA ALL’ALLARME
“E’ un’arma perfetta per vincere asma e obesità” 

«Talebane, noi? - chiede determinata Elise Chapin, coordinatrice del Mami, movimento allattamento materno italiano - Piuttosto lo è chi mette in discussione la scienza che ha dimostrato i vantaggi dell’allattamento. È un tentativo per convincere le mamme a smettere di allattare e comprare cibo per bimbi».
Un complotto?
«Chi può escluderlo? Certo la ricerca inglese non è scientifica perché i dati, le analisi, le cifre di enti internazionali dicono il contrario: il latte materno fa bene».
Anche quando diventa nutrimento esclusivo?
«Non lo diciamo noi, ma l’Oms, l’organizzazione mondiale della sanità, che ha impartito linee guida per tutte le mamme della Terra».
Che si sa delle virtù delle poppate?
«Studi epidemiologici hanno dimostrato che il latte materno tutela da patologie asmatiche. Non è vero che aumenta il rischio obesità e celiachia. Ma soprattutto esperimenti provano che le quantità di ferro assorbite dal bimbo dal latte vaccino sono inferiori a quelle prese attraverso quello della mamma».
E poi lo dica: rinforza il sistema immunitario...
«Certo che sì. Ci sono studi sulla sua composizione che hanno sottolineato l’effetto  immuno - modulante. In pratica le proteine del latte calibrano la maturazione della rete di anticorpi e la proteggono durante tutto il suo sviluppo».
Notizie diverse finiscono per confondere e danneggiare proprio le madri: non crede sia il momento di trovare un punto d’incontro?
«Le donne infatti non sanno più a chi credere, a chi dare fiducia. Noi tentiamo d’informare, ma non riusciamo a raggiungerle tutte. Intanto però arriveremo al «British medical Journal» con qualche dato in più e una bella lettera di protesta».

La stampa, 15 gennaio 2011, p .27

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