Una dieta

 Che limita la carne può aiutare nell’artrosi

Potrebbe giocare un ruolo favorevole nella riduzione della componente infiammatoria della patologia

di Marco Lanzetta 


  Le recenti autorevoli prese di posizione sulla pericolosità per la salute della carne di allevamento, specie se manipolata e trasformata in un alimento talvolta molto distante dall’originale, si prestano ad alcune considerazioni e a un’estensione del perimetro di analisi. Se è infatti ormai dimostrato scientificamente che il consumo di carne predisponga ad un aumento della probabilità di sviluppare un tumore, è necessario allargare la discussione anche a patologie magari non così drammatiche ma non per questo da mettere in secondo piano. Mi riferisco all’influenza che l’alimentazione in generale e il consumo di carne in particolare ha su malattie invalidanti che nella nostra società rappresentano un motivo di preoccupazione data la loro enorme incidenza. Nella mia pratica clinica ho constatato negli ultimi anni una crescente richiesta di cure per le malattie articolari degenerative, come l’artrosi, che affligge milioni di italiani (circa 5 secondo le ultime stime) e che da molti è ancora considerata una forma ereditaria contro la quale non si può fare molto. In caso di artrosi, il consumo di carne è sicuramente da ridurre o meglio da evitare completamente. I nostri dati, insieme a una rilevante letteratura scientifica internazionale, cominciano a mostrare che una dieta carnivora sostiene e promuove la malattia artrosica. La carne infatti contiene grassi animali nocivi che vengono trasformati in precursori dell’infiammazione, e quindi concorrono a sostenere il processo flogistico così tipico di questa malattia.

Acidi diversi

  L’acido arachidonico, un acido grasso polinsaturo della serie degli omega-6, presente nella carne, oltre che nelle uova e nei formaggi, è un precursore degli eicosanoidi (sostanze a 20 atomi di carbonio) i quali vengono poi trasformati in altre sostanze, le prostaglandine della serie 2 e i leucotrieni, i quali promuovono l’infiammazione aumentando la vasodilatazione (rossore), la permeabilità capillare (gonfiore), e il dolore. Un azione contrastante benefica viene svolta dall’acido alfa-linolenico, un acido grasso della serie degli omega-3, presente nell’olio di canapa, olio di semi di lino, oltre che nei semi di chia, di kiwi e di lino. Questo acido grasso porta alla produzione di prostaglandine delle serie 1 e 3, che hanno azione anti-infiammatoria. In sintesi quindi consumare carne significa mantenere uno stato infiammatorio che a lungo andare si somma alla predisposizione genetica e accelera il danno articolare e la degenerazione artrosica. Molti dei miei pazienti, nelle fasi iniziali o intermedie della malattia, avendo optato per una dieta vegetariana che viene studiata in modo personalizzato, ottengono una remissione quasi completa della sintomatologia, abbandonando contemporaneamente anche il ricorso a farmaci anti-infiammatori. Mediante una correzione del regime alimentare, abbiamo registrato una netta riduzione della necessità di ricorrere ad interventi chirurgici, siano essi di sostituzione articolare con protesi o di altre procedure meno invasive, in quanto l’artrosi viene controllata meglio e in modo naturale. Tutti i dati concorrono a segnalare che una svolta alimentare vegetariana è la strada giusta non solo per difendersi dal tumore, ma anche da varie altre malattie che alla lunga possono accorciare la durata della vita e sicuramente peggiorarne la qualità. Prima lo comprenderemo prima faremo un salto in avanti verso uno stato di maggior benessere della collettività. In fondo, come gia’ diceva Ippocrate nel IV sec. a.c. “ Fa che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo”.

Corriere della Sera, 30 ottobre 2015

Nessun commento:

Posta un commento