Amniocentesi addio, con ricerca italiana

Una goccia di sangue rivela le malattie del feto


di Carla Massi



 
Solo una goccia di sangue per sapere se il nascituro ha anomalie genetiche. Se ha la sindrome di Down o malformazioni al cuore. Archiviando così l'amniocentesi (prelievo di liquido amniotico dalla cavità uterina) che oggi viene effettuata tra la 16esima e la
18 esima settimana. Archiviando qualsiasi esame invasivo con annesso ipotetico danno al bambino.

  Quella goccia di sangue rivelerà, grazie all'esame delle rare cellule fetali circolanti, la presenza di anomalie o malattie genetiche. E' in una macchina con il marchio made in Italy la rivoluzione per le mamme prossime venture. Il suo nome: Silicon BioSystems. Figlia dell'ingegno di un giovane bioingegnere pugliese Gianni Medoro (il primo schizzo della macchina lo fece su un foglietto alla fine degli anni Novanta mentre era seduto ad un bar di Bologna dove studiava) che poi, per la ricerca, si è affiancato ad un collega più grande Nicolò Manaresi.

  Da allora, le sperimentazioni, la ricerca, la “costruzione” di una macchina, il ventaglio provato delle sue possibilità: dall'individuazione di una sola cellula tumorale (tra i circa 10.000 trilioni che compongono il corpo umano) e la sua evoluzione fino alla valutazione dell'opportunità, per un anziano, di un vaccino antinfluenzale o un altro. Quindi il brevetto marchiato Silicon Biosystems con sede a Bologna e l'acquisto, a settembre scorso, da parte dell'azienda toscana Menarini.

  Tra due anni l'analisi potrebbe essere di routine. Fino al allora le trenta macchine sparse per il mondo (8 in Italia) continueranno a lavorare per la ricerca. L'obiettivo amniocentesi è alla base dellìintesa che verrà siglata nei prossimi giorni a Singapore tra l'azienda di Firenze e Sign (Singapore Immunology Network) centro di immunologia a Biopolis, città della biomedicina realizzata da A Star, l'Agenzia per la scienza, la tecnologia e la ricerca di Singapore.

  A guidare il gruppo un'immunologa italiana, Paola Castagnoli che sette anni fa ha lasciato l'università Bicocca di Milano, per creare a Biopolis un laboratorio nuovo di zecca e tirare su giovani ricercatori da tutto il mondo: 250 giovani scienziati provenienti da 25 paesi del mondo. Meno di una ventina gli italiani.

  E' lei ad annunciare che nei prossimi due anni si potrebbe aver pronto il biomarcatore capace di trasformare quell'esame prenatale con il sostegno di Silicon Biosystems. «Già entro sei mesi - spiega l'immunologa - speriamo di aver messo in luce il marker che ci serve. Noi siamo ottimisti, gli italiani hanno la creatività nei geni, e in questo campo, come nella Formula Uno, conta arrivare primi».


Il Messaggero, 14 Marzo 2014


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