In un libro i trucchi per
rendere al meglio a scuola partendo dai propri limiti
I pigri, gli ansiosi, i
distratti
di Paolo DI Stefano
La tipologia dell’apprendimento inefficace e
del conseguente «blocco da performance» è ricca. C’è lo studente incatenato,
che si rivela incapace di concentrazione di fonte al libro fino all’immobilità
depressiva. Si tratta, spesso, di una risposta al senso di obbligo: è noto che
più si percepisce la costrizione, più va scemando la voglia di studiare.
Un
supplizio. Per lo studente perfezionista, l’impegno diventa pedanteria e dunque
paura di sbagliare: la pretesa di avere tutto sotto controllo finisce per
creare ansia, attacchi di panico, forme isteriche e catastrofismo. Per lo
studente terrorizzato il vero problema è la sfera sociale: chi non conosce il
panico da esame che inibisce la prestazione fino a ridurla a tabula rasa? Lo
studente (presunto) incapace è quello condannato a sembrare un
«diversamente
dotato», inadatto, sostanzialmente inferiore. Con conseguente annullamento
dell’autostima, rabbia contro sé e contro gli altri (in genere il prof o i
genitori). Il caso più complicato è quello del cosiddetto «studente-chimera»,
il cui blocco non è immediatamente identificabile.
Esistono diversi stratagemmi che permettono
al ragazzo di continuare a fallire efficacemente. Sono i finti rimedi: tra
questi, l’essere iperanalitici, il mettersi forzatamente alla prova, aumentare
la disorganizzazione, sfogarsi senza costrutto cercando la compassione degli
altri, intensificare lo studio in extremis (le maratone notturne), aggirare gli
ostacoli, rinunciare (lo «studente coniglio»?), copiare dal compagno (una sorta
di doping). Il peggio arriva quando ci si mettono pure i genitori: padri e madri
«criticisti» a priori («Hai preso 30! E la lode?»), insistenti o al contrario
soccorritori-sacrificanti; permissivisti incalliti, deleganti (offrire
ripetizioni a pagamento), oppure ipergenitori
ipercoinvolti e iperansiogeni. Lo stile Pigmalione, lo stile utopista,
lo stile etichettante di insegnanti mediocri possono intervenire a complicare
le cose, deprimendo l’allievo o creandogli aspettative incongrue.
Dunque, ecco la terapia strategica in una
decina di mosse. Concentrarsi su paura e controllo, per arrivare a dominare
l’una e l’altro, interrompendo il circolo vizioso che conduce fatalmente
all’impasse. «La tecnica principe è la prescrizione dello studio paradossale»,
avverte Bartoletti. Allo studente si richiede un’applicazione giornaliera molto
limitata rispetto alle reali esigenze: il consiglio è di restare seduti davanti
al libro per 15, 30, 45 minuti con il divieto di occuparsi d’altro.
Progressivamente il tempo aumenterà senza grandi sacrifici. La stessa procedura
(speculare) vale per lo studente perfezionista, che dovrà imparare a peggiorare
la propria performance, allenarsi all’imperfezione e alla mediocrità per
esempio con esercizi di «caco-scrittura». «Per avere successo bisogna prima
imparare a fallire» è uno slogan utile da metabolizzare, specie per gli
studenti (soprattutto in età adolescente) che vivono un flop in modo
traumatico. Ci sono poi le aquile e i topi: gli studenti iperanalitici per
scelta o per carenza di alternative, comunque incapaci di sintesi, ai quali
viene ricordata una celebre frase di Saint-Exupéry secondo cui la perfezione si
ottiene non quando non c’è più niente da aggiungere, ma quando non c’è più
niente da togliere. Imparare a organizzare le conoscenze, tenere sveglia la
propria memoria significa personalizzarla il più possibile.
C’è una tecnica per tutto: per esempio per
superare l’ansia da esame scolastico si propone la strategia della «peggiore
fantasia», applicata in molti contesti diversi: consiste nel provocare
volontariamente ciò che spaventa «per annullarlo in modo paradossale», dunque
focalizzare l’attenzione su stati d’ansia, tipo tachicardia, asfissia eccetera.
Metaforicamente: aggiungere legna perché il fuoco si spenga. È un bene o un
male socializzare la propria agitazione? Dipende dal soggetto, a volte parlarne
è una strategia liberatoria, altre volte è meglio la congiura del silenzio per
non alimentare a dismisura il panico. E non pensiate che i consigli siano finiti
qui. Se siete un testardo, per esempio, e avete l’abitudine di insistere fino
all’ossessione su concetti che non riuscite a cogliere o a esprimere in una
tesi scritta, secondo Bartoletti vi farà bene imparare il passo del gambero,
cioè procedere a ritroso dalla fine all’inizio. Lo studente finalmente
diventato «strategico» troverà ogni volta la strategia giusta a evitare la
paura, l’ossessione, l’abulia, il disinteresse, la noia. Se non la trovasse, si
imponga di sedersi 15, 30, 45 minuti davanti al libro di Bartoletti, che ha
anche il pregio di essere scritto strategicamente bene.
Corriere della Sera, 8
giugno 2013, pag, 51
Nessun commento:
Posta un commento