Dubbi e domande di fronte
alla generazione touchscreen. Ma le regole d’uso ci sono
L’ansia (eccessiva) dei
genitori
Già a 18 mesi i bambini si
muovono con naturalezza sull’iPad
di Renato Benedetto
touchscreen»: sperare che il tablet possa compiere miracoli sul quoziente intellettivo del bambino, renderlo un navigatore navigato; ma se usato a dovere, altrimenti il piccolo rischia di trasformarsi in un adolescente pallido, «incapace di guardare gli altri negli occhi e con un avatar per fidanzata».
Se abbondano gli studi sulla televisione,
maestra buona o cattiva, sugli schermi che si toccano è stato ancora scritto
poco: «L’iPad è stato lanciato nell’aprile 2010, è coetaneo di un bambino che
ha appena compiuto tre anni, troppo poco per studi approfonditi», puntualizza
Emma Baumgartner, ordinario di Psicologia dello sviluppo alla Sapienza di Roma.
In famiglia, intanto, ci si sbizzarrisce con le regole più disparate sull’uso
del tablet. C’è chi lo vieta del tutto, chi lo autorizza a orari da sportello
al pubblico, chi solo nei viaggi lunghi. Chi divide le app tra buone e cattive:
bene quelle educative, zeppe di lettere e numeri o in inglese, così si porta avanti
con lo studio della lingua. Per definizione, i genitori credono che anche la
più piccola scelta segnerà irrimediabilmente il destino del piccolo: «C’è molta
ansia, troppa — continua la professoressa —. I bimbi, anche di 18 o 24 mesi, si
muovono con naturalezza sugli schermi».
Sono oltre 40 mila su App Store i titoli per
bambini (solo per neonati nella sezione italiana si sfogliano circa 4 mila
risultati), più quelli su Google Play. Senza contare i tablet dedicati ai più
piccoli. I nostalgici correranno con
il pensiero ai tempi in cui bastava una
pietra, un bastoncino e la fantasia. «Mio figlio si arrampica sugli alberi,
gioca con gli altri, si sbuccia le ginocchia e usa l’iPad — racconta Roberta
Franceschetti, fondatrice di Mamamò.it, che recensisce app per bambini —, che
stimola, eccome, la fantasia. Ci sono applicazioni per disegnare, per giocare
con i suoni. Crayon Physics, ad esempio, permette di tracciare forme su un
"foglio" bianco dove agiscono le leggi della fisica: il bimbo sposterà una palla attraverso gli oggetti
che lui stesso ha
disegnato». Non è detto, poi, che la tavoletta conduca all’isolamento ed
escluda il contatto. Con i genitori, innanzitutto: «Si prendano i libri
interattivi. Il genitore legge il testo, mentre i figli, con i loro tocchi,
possono far apparire immagini, animazioni e suoni». O con i coetanei: «In molti
giochi si può toccare in due lo schermo, ci si sfida o si collabora, stimolando
la curiosità reciprocamente: vediamo che succede se facciamo così...». Alcuni
giochi digitali ricalcano l’antico. Con Toca Tea Party, campione di download,
si gioca a «servire il tè»: fa parte di una serie, Toca Boca, che prevede di
giocare in maniera simile alla parrucchiera, al sarto, con il trenino. «E
ancora: abbecedari, app sui numeri, quelle ispirate al metodo Montessori».
Dopotutto era proprio Maria Montessori, che sul naturale sviluppo del bambino
ha posto l’accento, a dire che «le mani sono gli strumenti propri
dell’intelligenza dell’uomo». Con le mani si può giocare con la sabbia e «tappare»
su uno schermo.
«L’elemento di novità del tablet — spiega
ancora Baumgartner — è che un bambino può usare le dita e osservare gli
effetti. A ogni azione ha una risposta immediata. Si ha il principio,
importante per lo sviluppo cognitivo, che Piaget ha definito "il piacere
di essere causa". Impara che può produrre un effetto sul mondo, prendere
decisioni e pianifica re, scopre la sua
autonomia». Si sviluppa, inoltre, un modo diverso di pensare: «Le informazioni
non sono di tipo seriale, come in un libro, ma processate in modo parallelo».
La generazione touchscreen è destinata a
essere «naturalmente» multitasking? «Si va in questa direzione», risponde
Francesca Romana Puggelli, che insegna Psicologia sociale alla Cattolica di
Milano e ha due figli «uno di 2 anni, uno di 5, ciascuno con il suo iPad»: «Non
bisogna pensare che il tablet crei dipendenza, o streghi i bambini. Ci si può
anche stufare, a quell’età il bimbo è curioso di tutto», spiega Puggelli. «Per
un uso equilibrato bisogna considerare la "dieta" generale, cioè il
tempo concesso ai media digitali rispetto alle altre attività, e i contenuti
scelti. E poi dipende da bambino a bambino». «L’importante è non utilizzare mai
lo schermo come baby sitter, i genitori devono essere presenti — suggerisce
Serena Valorzi, psicologa e autrice di Generazione cloud— e accompagnare i
figli nella scoperta delle tecnologie, perché, crescendo, non si avventurino da
soli nella Rete». Dove, comunque, arriveranno: allora, più che i divieti, sarà
meglio accompagnarli.
I
consigli
Accompagnare
Più
che vietare del tutto l’uso del tablet ai figli in età prescolare è meglio
accompagnarli nel mondo digitale: dove comunque vivranno.
Nessuna
ansia Un approccio più rilassato: si può intervenire su
eventuali problemi osservando il comportamento del piccolo.
La
dieta Il numero di ore in cui il bimbo può giocare con il
tablet deve essere stabilito in base al resto delle sue attività: l’iPad non
esclude i giardinetti
Presenza
Non
lasciarli soli: il tablet non è una baby sitter Osservare le loro reazioni
Le
app Scegliere
con cura giochi e applicazioni Si può anche coinvolgere il piccolo nella scelta
Corriere della Sera, 27
aprile 2013, pag, 43
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