Dove l’infanzia è più protetta?


di  Maurizio Ternavasio

Il 14° Rapporto di Save the Children sullo stato delle madri nelmondo ha analizzato le condizioni di mamme e bambini in 176 Paesi: qual è la situazione dell’Italia?

 
Il nostro Paese si trova al 17° posto. In particolare, le condizioni di salute delle mamme e dei bambini raggiungono livelli alti: il tasso di mortalità femminile per cause legate a gravidanze e parto è pari a 1 ogni 20.300, quello di mortalità infantile è di 3,7 ogni 1000 nati vivi. Positivo pure il livello di istruzione delle donne, pari a 16 anni di formazione scolastica.

  Quali sono gli Stati in cui madri e figli vivono meglio?
  Quelli dei Paesi scandinavi, nell’ordine Finlandia, Svezia e Norvegia. Qui lo stato di salute, il livello di istruzione, le condizioni economiche, politiche e sociali garantiscono il benessere alle mamme ma anche ai loro figli.

  Quali, invece, quelli dove le condizioni di vita sono più difficili?

Sono gli Stati dell’Africa sub-sahariana, con il Congo che chiude la graduatoria. «Alla base del problema c’è la persistente differenza tra la salute nei Paesi più ricchi e in quelli più poveri - ha commentato Valerio Neri, direttore generale di Save the Children -. Dove le madri sono più forti dal punto di vista fisico, finanziario e sociale, i figli hanno più probabilità di sopravvivenza». Nell’Africa sub-sahariana dal 10 al 20% delle donne che affrontano la gravidanza è sottopeso, molte di loro sono troppo giovani e i contraccettivi vengono utilizzati raramente.

  Le principali sorprese?
  Quella relativa agli Stati Uniti, che occupano solo il 30° posto. Tra i Paesi industrializzati, gli Usa guidano la
classifica per mortalità dei neonati: ogni anno più di 11 mila bimbi americani muoiono durante il primo giorno di vita. Positiva invece l’esperienza recente del Malawi, che ha ridotto del 44% la mortalità infantile sotto i 5 anni grazie all’impegno politico che ha consentito di formare molti operatori sanitari e di diffondere la tecnica di «Kangaroo care»: mantenere i neonati sottopeso in contatto di pelle continuo con la mamma e il suo seno.

  Su che cosa si basa il rapporto?

Gli indicatori sono cinque: salute materna e rischio di morte per parto, benessere dei bimbi e tasso di mortalità entro i cinque anni, grado di istruzione, condizioni economiche e Pil procapite, partecipazione politica delle donne al governo.

 Quali sono le differenze più macroscopiche tra i vari Stati?

  I dati mettono in evidenza le diverse condizioni tra Paesi industrializzati e in via di sviluppo: se le finlandesi possono contare su 17 anni di istruzione e le donne congolesi su 8, le somale solo su 2. E se il tasso di mortalità dei bambini entro i 5 anni nella Repubblica Democratica del Congo è di 167 su mille nati vivi, in Finlandia il coefficiente precipita a 3 su mille. La stessa differenza si riscontra nel tasso di partecipazione femminile alla vita politica: in Finlandia la percentuale di seggi in Parlamento occupati da donne è il 42,5% contro l’8,3% del Congo. In Italia siamo circa al 30%.

 E i numeri legati alle madri in gravidanza?

Anche se dal 1990 la mortalità della mamme è calata del 50%, ogni giorno nel mondo 800 donne muoiono ancora per cause legate alla gravidanza o al parto. Il triste primato spetta alle indiane: fatale la mancanza di servizi sanitari di base e di assistenza al parto.
   Parliamo adesso di neonati…

  Un milione di bambini ogni anno non sopravvive al primo giorno, e anche in questo caso il triste primato spetta ai Paesi africani, Somalia in testa (18 bambini morti su 1000 nati), seguita con 17 da Mali, Sierra Leone e Repubblica democratica del Congo. Nell’Asia del Sud si verifica il 40% delle morti durante il primo giorno di vita: l’India guida la classifica con 309.300 bambini morti nelle 24 ore, pari al 29% del totale mondiale. Le cause? Il fatto che oltre la metà delle donne partoriscono in casa e che nelle zone più remote delle campagne non è disponibile personale medico e ostetrico e il parto è spesso gestito da persone non sempre professionalmente preparate.
  Per quanto riguarda i bambini?

Qui i dati di Save the Children sono ancora più drammatici: ogni anno sono ben sette milioni i bambini che muoiono prima di compiere i cinque anni, di cui tre milioni non superano il mese di vita.

 Come si potrebbero invertire le tendenze negative?

Save the Children sottolinea la necessità di investire in formazione e aggiornamento di operatori sanitari, specie di quelli che operano sul campo: occorrerebbero almeno 5 milioni di specialisti. Per prevenire la morte di 3 neonati su 4 bisognerebbe migliorare le terapie per prevenire e curare infezioni durante la gravidanza, l’uso di sistemi di intubazione per aiutare i bambini a respirare e l’immediato trattamento delle infezioni neonatali. Inoltre mancano i disinfettanti per la pulizia del cordone ombelicale e gli operatori in grado di fornire alle madri informazioni di base sull’importanza dell’igiene, dell’accoglienza del neonato e dell’allattamento al seno.

La Stampa, 8 maggio 2013, pag, 78+8

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