di Maurizio Ternavasio
Il
14° Rapporto di Save the Children sullo stato delle madri nelmondo ha
analizzato le condizioni di mamme e bambini in 176 Paesi: qual è la situazione dell’Italia?
Quali
sono gli Stati in cui madri e figli vivono meglio?

Quali, invece, quelli dove le condizioni di
vita sono più difficili?
Sono gli Stati dell’Africa
sub-sahariana, con il Congo che chiude la graduatoria. «Alla base del problema
c’è la persistente differenza tra la salute nei Paesi più ricchi e in quelli
più poveri - ha commentato Valerio Neri, direttore generale di Save the
Children -. Dove le madri sono più forti dal punto di vista fisico, finanziario
e sociale, i figli hanno più probabilità di sopravvivenza». Nell’Africa
sub-sahariana dal 10 al 20% delle donne che affrontano la gravidanza è
sottopeso, molte di loro sono troppo giovani e i contraccettivi vengono
utilizzati raramente.
Le
principali sorprese?
Quella relativa agli Stati Uniti, che
occupano solo il 30° posto. Tra i Paesi industrializzati, gli Usa guidano la
classifica
per mortalità dei neonati: ogni anno più di 11 mila bimbi americani muoiono
durante il primo giorno di vita. Positiva invece l’esperienza recente del
Malawi, che ha ridotto del 44% la mortalità infantile sotto i 5 anni grazie
all’impegno politico che ha consentito di formare molti operatori sanitari e di
diffondere la tecnica di «Kangaroo care»: mantenere i neonati sottopeso in
contatto di pelle continuo con la mamma e il suo seno.
Su che
cosa si basa il rapporto?
Gli indicatori sono cinque:
salute materna e rischio di morte per parto, benessere dei bimbi e tasso di
mortalità entro i cinque anni, grado di istruzione, condizioni economiche e Pil
procapite, partecipazione politica delle donne al governo.
Quali
sono le differenze più macroscopiche tra i vari Stati?
I dati mettono in evidenza le diverse condizioni
tra Paesi industrializzati e in via di sviluppo: se le finlandesi possono contare
su 17 anni di istruzione e le donne congolesi su 8, le somale solo su 2. E se
il tasso di mortalità dei bambini entro i 5 anni nella Repubblica Democratica
del Congo è di 167 su mille nati vivi, in Finlandia il coefficiente precipita a
3 su mille. La stessa differenza si riscontra nel tasso di partecipazione
femminile alla vita politica: in Finlandia la percentuale di seggi in Parlamento
occupati da donne è il 42,5% contro l’8,3% del Congo. In Italia siamo circa al
30%.
E i numeri legati alle madri in gravidanza?
Anche se dal 1990 la
mortalità della mamme è calata del 50%, ogni giorno nel mondo 800 donne muoiono
ancora per cause legate alla gravidanza o al parto. Il triste primato spetta
alle indiane: fatale la mancanza di servizi sanitari di base e di assistenza al
parto.
Parliamo
adesso di neonati…
Un milione di bambini ogni anno non sopravvive
al primo giorno, e anche in questo caso il triste primato spetta ai Paesi
africani, Somalia in testa (18 bambini morti su 1000 nati), seguita con 17 da
Mali, Sierra Leone e Repubblica democratica del Congo. Nell’Asia del Sud si
verifica il 40% delle morti durante il primo giorno di vita: l’India guida la classifica
con 309.300 bambini morti nelle 24 ore, pari al 29% del totale mondiale. Le
cause? Il fatto che oltre la metà delle donne partoriscono in casa e che nelle
zone più remote delle campagne non è disponibile personale medico e ostetrico e
il parto è spesso gestito da persone non sempre professionalmente preparate.
Per
quanto riguarda i bambini?
Qui i dati di Save the
Children sono ancora più drammatici: ogni anno sono ben sette milioni i bambini
che muoiono prima di compiere i cinque anni, di cui tre milioni non superano il
mese di vita.
Come si
potrebbero invertire le tendenze negative?
Save the Children sottolinea
la necessità di investire in formazione e aggiornamento di operatori sanitari, specie
di quelli che operano sul campo: occorrerebbero almeno 5 milioni di
specialisti. Per prevenire la morte di 3 neonati su 4 bisognerebbe migliorare
le terapie per prevenire e curare infezioni durante la gravidanza, l’uso di
sistemi di intubazione per aiutare i bambini a respirare e l’immediato
trattamento delle infezioni neonatali. Inoltre mancano i disinfettanti per la
pulizia del cordone ombelicale e gli operatori in grado di fornire alle madri
informazioni di base sull’importanza dell’igiene, dell’accoglienza del neonato
e dell’allattamento al seno.
La Stampa, 8 maggio 2013,
pag, 78+8
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