La scuola ostetrica pavese tra Otto e Novecento


Daniela Franchetti
La scuola ostetrica pavese tra Otto e Novecento
Monduzzi Editore, pagg. 426, Euro 45,00

  
  IL LIBRO – Il Centro per la storia dell'Università di Pavia promuove e coordina lo studio sistematico dell'Ateneo pavese dalle sue origini ai giorni nostri. Questo lavoro viene svolto con particolare riferimento ai contributi che lo Studio pavese ha dato al progresso della cultura, alle istituzioni e alle strutture scientifiche e delle Facoltà nel loro sviluppo nonché alle figure rappresentative dei docenti e alle relazioni tra le vicende universitarie e la vita politica e sociale.
  Ampie ricerche sono dedicate anche alle caratteristiche demografiche e sociali della popolazione studentesca e dei docenti.

In Italia risale al XVIII secolo la fondazione di scuole dedicate a insegnare l’ostetricia “minore” alle aspiranti levatrici. A Pavia la scuola ostetrica aprì i battenti nel 1818. All’esordio non mancarono problemi logistici e organizzativi, che i docenti affrontarono cercando sostegno nelle istituzioni universitarie, politiche e civili. Questa fase pionieristica fu tuttavia anche quella in cui si formò la tradizione ostetrica pavese, caratterizzata dalla sperimentazione del parto prematuro provocato. Nel primo cinquantennio post-unitario la scuola raggiunse livelli di eccellenza, grazie all’opera di docenti come Edoardo Porro, Alessandro Cuzzi e Luigi Mangiagalli, che modernizzarono la clinica secondo i principi della nuova cultura igienista. In quegli spazi si sperimentarono nuove tecniche operatorie e maturarono proposte per una nuova legislazione sociale da estendere a tutto il Paese.
Inizia anche una trasformazione socio-culturale nelle allieve della scuola, provenienti soprattutto dai ceti urbani di Pavia e dintorni, dal sud della Lombardia e dal vicino Piemonte orientale. A partire dagli anni Novanta del XIX secolo le ex allieve, diventate libere professioniste o assunte nelle condotte ostetriche, divennero più consapevoli del proprio ruolo sociale, si organizzarono e discussero sulla stampa di settore e nei Congressi i problemi della categoria. Con le riforme introdotte durante il Ventennio fascista, la formazione si fece più lunga e approfondita, ma s’assottigliò il numero delle iscritte. La figura dell’ostetrica tuttavia uscì definitivamente dal cono d’ombra del sospetto e del secolare disprezzo verso un mestiere legato al sangue e al sesso. Si iniziò finalmente a percepire l’ostetrica come una professionista a tutti gli effetti, subordinata al medico, ma ricercata e ascoltata dalle donne per le sue competenze in ambito ostetrico-ginecologico e pediatrico.

  UN BRANO – “Negli ultimi anni la storiografia medica ha dedicato un’attenzione crescente alla figura dell’ostetrica, ponendo in evidenza la complessità operativa della sua azione in equilibrio fra scienza medica,
condizionamenti sociali e limitazioni etico-religiose. Alla bibliografia storico-medica dedicata allo sviluppo dell’ostetricia si aggiunge ora l’opera di Daniela Franchetti che riveste un’importanza ben più vasta di quanto il titolo lasci intuire. Prima di tutto è un’indagine precisa, rigorosa e appassionata di un capitolo fondamentale della storia medica pavese, e in secondo luogo è uno studio dal valore ben più generale sul modo attraverso cui una disciplina sanitaria come l’ostetricia si sia andata formando e definendo fra Otto e Novecento.
L’arte di far nascere si è configurata e trasmessa a Pavia con fisionomie proprie, almeno in certi periodi, caratterizzate da punti di svolta determinanti sul piano conoscitivo e interventistico. Inoltre l’ostetricia pavese ha avuto un rilievo essenziale sull’assetto nazionale della disciplina, scientifico, istituzionale, accademico e professionale: a Pavia si realizzò uno dei più importanti progressi della tecnica ostetrica, la rivoluzionaria “amputazione utero-ovarico cesarea” realizzata nel 1876 da Edoardo Porro, professore di Ostetricia e Ginecologia, applicata alle donne dal bacino gravemente ristretto o malformato e che non potevano quindi partorire per vie naturali. Il “metodo Porro” si diffuse con rapidità su scala internazionale, facendo conoscere a tutto il mondo medico-chirurgico la scuola ostetrica pavese.”

  INDICE DEL VOLUME – Presentazione di Paolo Mazzarello – Introduzione - Capitolo I – Evoluzione di un mestiere, tra tecnica e antropologia -  1. Dall’antichità all’età moderna - 2. La svolta del Settecento - Capitolo II – I primi quarant’anni della Scuola ostetrica pavese - 1. La situazione in Italia - 2. La nascita delle scuole in Italia - 3. I primi passi della scuola di Pavia - Capitolo III – La scuola ostetrica di Pavia dall’Unita fine secolo - 1. Le scuole ostetriche in Italia dopo l’Unità - 2. La scuola pavese si consolida - 3. Dopo la scuola: la condotta o la libera professione - Capitolo IV – La scuola ostetrica di Pavia dall’età giolittiana al fascismo - 1. Il dibattito sulla riforma delle scuole ostetriche - 2. La scuola di Pavia - 3. Le ex allieve e i problemi professionali - Indice dei nomi

L’AUTRICE - Daniela Franchetti, è dottore di ricerca in Storia delle Istituzioni e della Società nell’Europa
contemporanea. Insegna storia e filosofia al Liceo “Marie Curie” di Tradate (Varese). Dal 1983 collabora con l’Istituto varesino per la storia dell’Italia contemporanea “Luigi Ambrosoli”, per il quale ha scritto articoli e saggi su temi di storia politica e sociale della provincia di Varese. Ha contribuito alla realizzazione delle iniziative del progetto “Brioschi e il suo tempo” del Politecnico di Milano.




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