di Mauro Rosati
Più di 100 milioni di
telespettatori negli Stati Uniti hanno assistito, durante la serata di
sport-spettacolo del Super Bowl di domenica sera, alla performance musicale di
Beyoncé durante il Pepsi halftime show e agli spot pubblicitari andati in onda
(tra cui, appunto, il più «notevole» è stato quello della PepsiCo). Già, perché
Beyoncé è testimonial della PepsiCo, e non ci sarebbe nulla di strano se non
fosse anche una delle promotrici della campagna salutistica di Michelle Obama
Let’sMove! contro l’obesità infantile. Su questo punto la nutrizionista e
scrittrice statunitense di fama mondiale, Marion Nestle ha fortemente criticato
l’artista. La Nestle, da sempre contraria all’eccesso di bibite gassate e
zuccherate nella dieta dei bambini e non solo, vede una incoerenza tra il
video-spot di Beyoncé per la Pepsi e la sua adesione al programma Let’sMove!.
In questa intervista in esclusiva a l’Unità,
Marion Nestle parla delle previsioni per il 2013 di tutto ciò che concerne il
food: le azioni in fase di stallo, le future politiche decisionali e l’impatto
socio-economico, nonché quello sulla salute, che possono avere. L’anno in corso
induce previsioni ottimistiche ma rimangono ancora dei grossi interrogativi.
Perché ancora non esiste un «movimento del
cibo» forte abbastanza da esigere dalla politica il cambiamento o perlomeno, il miglioramento
del sistema alimentare?
«È una domanda che mi fanno spesso. I
problemi sono politici e richiedono soluzioni politiche. Io posso commentare
con più facilità la situazione negli Usa dove abbiamo letteralmente migliaia di
organizzazioni di base che lavorano per migliorare la produzione e il consumo
alimentare, focalizzandosi su quello sostenibile, locale,
regionale, urbano.
Particolare attenzione è dedicata all’agricoltura biologica, al benessere degli
animali da allevamento, al miglioramento delle condizioni lavorative per gli
allevatori, ai mercati degli agricoltori, ai programmi come “dalla fattoria
alla scuola” e “dalla fattoria al ristorante”. Senza dimenticare il cibo nelle
scuole, l’accesso ai cibi freschi e il supporto per l’acquisto di cibi più
salutari. Unire questi gruppi significa identificare gli obiettivi e le
strategie comuni. Vuol dire guardare agli altri gruppi come parte integrante
dello stesso movimento e non come concorrenti per le risorse, i membri o la
pubblicità. Anche le coalizioni più note hanno mostrato delle difficoltà a
formarsi e soprattutto a mantenersi».
Le Big
Food, ossia i colossi industriali dell’alimentazione, possono migliorare la
propria offerta alimentare e favorire così la salute dei consumatori.
«Il lavoro di tutte queste compagnie è quello
di generare profitti per gli azionisti. Se il cibo sano costa di più e riduce i
profitti, le compagnie ovviamente non faranno nulla per aumentare l’offerta di
cibo sano, a meno che non sentano forte la pressione dei consumatori. Il fatto
che alcuni lo stiano già facendo è indice proprio del potere della richiesta
del consumatore».
Un importante tema come gli Organismi
geneticamente modificati (Ogm) viene spesso misconosciuto. A questo si sommano
anche le posizioni differenti del mondo accademico e il disinteresse della
classe politica. Come mai c’è ancora paura nell’approfondire l’argomento?
«Metà del mio libro Cibo sicuro: la politica
della sicurezza alimentare tratta la questione Ogm. Come argomento anche nel
libro, le problematiche legate agli Ogm vanno ben oltre la sicurezza
alimentare. Anche se apparentemente i cibi Ogm sembrano sicuri, non sono
necessariamente accettabili per una serie di altre importanti ragioni etiche,
morali, politiche, economiche e sociali. Personalmente, sono più interessata al
fatto che un’unica compagnia abbia un monopolio virtuale sulla produzione del
mais e della soia, rispetto a quello che sono per le questioni della sicurezza.
Quello che rende i dibattiti sugli Ogm particolarmente difficili è il fatto che
queste compagnie (per la maggior parte delle vere e proprie multinazionali, ndr) incorniciano la questione come una
soddisfazione dei bisogni alimentari del mondo, quando in realtà si tratta solo
di utili societari. Se le multinazionali degli Ogm si impegnassero seriamente a
risolvere i problemi alimentari del mondo e fossero più trasparenti per quanto
riguarda l’uso di pesticidi ed erbicidi - e di conseguenza etichettassero i
propri prodotti -, allora si genererebbero meno controversie». Se le
multinazionali degli Ogm si impegnassero seriamente a risolvere i problemi
alimentari del mondo e fossero più trasparenti per quanto riguarda l’uso di pesticidi
ed erbicidi - e di conseguenza etichettassero i propri prodotti -, allora si
genererebbero meno controversie». Come si può favorire l’educazione alimentare
soprattutto nel mondo giovanile? Come si
può favorire l’educazione alimentare soprattutto nel mondo giovanile?
«Il modo migliore per far conoscere ai bambini
le diete salutari è far provare loro l’esperienza della produzione alimentare.
I bambini ai quali viene insegnato come coltivare, preparare e cucinare il
cibo, mangeranno verdure molto più volentieri. È molto più importante far
conoscere ai bambini la varietà alimentare, i gusti, i sapori e le composizioni
che i nomi delle specifiche vitamine. Due sono gli aspetti più importanti per quanto
riguarda le diete salutari: mangiare una varietà di cibo non trattato e non
eccedere con il mangiare. Poiché il
junkfood (termine con cui convenzionalmente si indica cibo ad alto contenuto
calorico ma di scarso valore nutrizionale, ndr) è così fortemente
commercializzato, qualsiasi programma di educazione nutrizionale deve insegnare
ai bambini come funziona il marketing, come riconoscerlo e interpretarlo in
modo adeguato».
Marion
Nestle
Battiato: «Al Turismo non
c’è un solo euro Hanno rubato tutto» Nutrizionista, insegna alla New York
University È autrice dimolti libri ed
editorialista del San Francisco Chronicle
L’Unità, 8 febbraio 2013,
pag, 14
interessante grazie o 2 bimbi
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