L'albero del riccio


Antonio Gramsci
 L'albero del riccio
Editori Riuniti, pagg.191, Euro 12,00

  
  IL LIBRO – Questo libro contiene storie delicate e avventurose insieme che parlano di briganti e di animali, di ricci, di volpi, di cavalli, di passeri, di struzzi e di pappagalli. L'autore, Antonio Gramsci, le scrisse per i propri figli mentre si trovava in carcere dove era stato rinchiuso dal regime fascista: non si voleva - fu detto - che una mente tanto fervida come quella di Gramsci potesse comunicare al popolo i propri pensieri. Sono storie narrate non direttamente, ma lettere, inviate ai figli o alla moglie o alla cognata. Sono in pratica affascinanti racconti che narrano episodi di vita, molti veri, adatti ai ragazzi e ai giovani lettori.

  UN BRANO - Carissimo Delio,
ho saputo che sei stato al mare e che hai visto delle cose bellissime.

  Vorrei che tu mi scrivessi per descrivermi queste bellezze. E poi, hai conosciuto qualche nuovo essere vivente? Vicino al mare c’è tutto un brulichio di esseri: granchiolini, meduse, stelle marine ecc. Molto tempo fa ti avevo promesso di scriverti alcune storie sugli animali che ho conosciuto io da bambino, ma poi non ho potuto. Adesso proverò a raccontartene qualcuna: per esempio, la storia della volpe e del polledrino.

  Pare che la volpe sappia quando deve nascere un polledrino, e sta in agguato. E la cavallina
sa che la volpe è in agguato. Perciò, appena il polledrino nasce, la madre si mette a correre in circolo intorno al piccolo che non può muoversi e scappare se qualche animale selvatico lo assale. Eppure si vedono qualche volta, per le strade della Sardegna, dei cavalli senza la coda e senza orecchie. Perché?
  Perché appena nati, la volpe, in un modo o nell’altro, è riuscita ad avvicinarsi e ha mangiato loro la coda o le orecchie ancora molli molli.
 Quando io ero bambino uno di questi cavalli serviva a un vecchio venditore di olio, di candele e di petrolio, che
andava di villaggio in villaggio a vendere la sua merce (non c’era allora cooperativa né altro modo di distribuire la merce); ma di domenica, perché i monelli non gli dessero la baia, il venditore metteva al suo cavallo coda finta e orecchie finte.
  Ora ti racconterò come ho visto la volpe la prima volta. Coi miei fratellini andai un giorno in
un campo di una zia dove erano due grandissime querce e qualche albero da frutteto; dovevamo fare la raccolta delle ghiande per dare da mangiare a un maialino.
  Il campo non era lontano dal paese, ma tuttavia tutto era deserto e si doveva scendere in una
valle.
  Appena entrati nel campo, ecco che sotto un albero era tranquillamente seduta una grossa
volpe, con la bella coda eretta come una bandiera. Non si spaventò per nulla; ci mostrò i denti, ma
sembrava che ridesse, non che minacciasse. Noi bambini eravamo in collera che la volpe non avesse paura di noi; proprio non aveva paura.
  Le tirammo dei sassi, ma essa si scostava appena e poi ricominciava a guardarci beffarda e sorniona. Ci mettevamo dei bastoni alla spalla e facevamo tutti insieme: bum! come fosse una fucilata, ma la volpe ci mostrava i denti senza scomodarsi troppo. D’un tratto si senti una fucilata sul serio, sparata da qualcuno nei dintorni. Solo allora la volpe dette un balzo e scappò rapidamente. Mi pare di vederla ancora, tutta gialla, correre come un lampo su un muretto, sempre con la coda eretta, e sparire in un macchione.

Carissimo Delio, raccontami ora dei tuoi viaggi e delle novità che hai visto.
Ti bacio. Antonio

  INDICE DEL VOLUME – Lettera I - Lettera II - Lettera III - Lettera IV – Il gallo d’oro di Alessandro Puskin - Lettera V - Lettera VI - Lettera VII – Storie dell’orso cattivo e del ballo delle lepri di Giuseppe Ravegnani –  Lettera VIII -– Lettera IX - – Lettera X  – Lettera XI – Lettera XII – Rikki-Tikki – Tawi di Rudyard Kipling - Lettera XIII – Lettera XIV– Lettera XV – Lettera XVI  – Lettera XVII – Lettera XVIII – Lettera XIX – Lettera XX – Lettera XXI – Lettera XXII – Lettera XXIII – Lettera XXIV – Lettera XXV – Lettera XXVI – Lettera XXVII – Lettera XXVIII – Lettera XXIX – Lettera XXX – Lettera XXXI – Fiaba di Charles Dickens – XXXII – Lettera XXXIII – Lettera XXXIV – Lettera XXXV – Lettera XXXVI – Lettera XXXVII – Lettera XXXVIII – Lettera XXXIX -  Lettera XL – Lettera XLI – Lettera  - XLII – Giochi di Lev Tolstoi – Una fiaba orientale di Ivan Turgeniev -  Lettera XLIII – Robinson fabbrica di fuoco – di Giuseppe Saverio Bonifacio Saintine – Lettera XLIV – Lettera XLV – Lettera XLVI – Lettera XLVII – Lettera XLVIII – Il gobbetto dei diavoli di Massimo Gorkij – Lettera XLIX – Lettera L – Lettera LI – Lettera LII -  Lettera LIII – Lettera LIV – Lettera LV – Lettera LVI  Lettera LVII -
Lettera LVIII – Lettera LIX – Lettera LX

L’AUTORE - Antonio Gramsci (Ales 1891 – Roma 1937) è uno dei pensatori italiani più noti, tradotti e studiati al mondo, e la diffusione dei suoi scritti e delle sue idee, che non cessa nonostante sia venuto meno il movimento sociale e rivoluzionario che avrebbe dovuto esserne il vettore, testimonia dell’attualità delle questioni socio-politiche cui Gramsci dedicò le proprie riflessioni. La sua parabola esistenziale tocca le principali tappe della vita politica del primo Novecento, dalla Prima guerra mondiale all’avvento del fascismo, dalla Rivoluzione bolscevica in Russia alla stagione nota come “biennio rosso” in Italia: momenti cruciali che hanno segnato il corso della nostra storia contemporanea e che Gramsci visse in prima linea, coniugando l’impegno intellettuale – che trovò voce principalmente sulle pagine di quotidiani quali il Grido del popolo, l’Avanti! e l’Ordine nuovo – con l’attività politica che, intrapresa negli anni giovanili con l’adesione al Partito socialista, ai tempi delle lotte di fabbrica e delle prime organizzazioni sindacali sullo sfondo della Torino del boom economico e industriale, trovò la sua consacrazione nel 1921, anno in cui Gramsci si fece promotore della scissione all’interno del Partito socialista da cui sarebbe sorto il Partito comunista italiano. Seguirono anni di intensa attività politica, scandita dai soggiorni a Mosca e a Vienna e dall’impegno in Italia in veste di segretario del Pci e quando, nel 1926, il Tribunale fascista lo condannò a vent’anni di reclusione, Gramsci seppe far proprio il ruolo dell’”intellettuale organico”, figura cardine del suo pensiero politico, e l’azione diretta cedette il passo a una febbrile produzione teorica, che ci ha consegnato molte delle pagine più incisive e pregnanti della sua opera. A questi anni di prigionia, gli ultimi della sua vita, dedicati a ricomporre incessantemente l’unità tra storia e filosofia in un tempo di profonda transizione, trascorsi in un continuo lavoro di revisione e ripensamento dei concetti di Stato, di rivoluzione, di coscienza, appartengono i Quaderni del carcere, raccolta di tutti i brani scritti dall’autore tra il 1929 e il 1935 e pubblicati postumi.


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