Per la clinica degli aborti illegali


 Il processo che ridiscute un tabù

Si apre a Barcellona il procedimento penale che sfida la rimozione di un fenomeno a lungo negato. Il 7 ottobre manifestazioni in 60 città: «Aborto zero»

 di Michela Coricelli

   Dodici imputati, 117 testimoni e 32 giornate di udienze: sono i numeri del maxi-processo che si apre domani a Barcellona contro il ginecologo Carlos Morin (proprietario di quattro cliniche private) e i suoi collaboratori, accusati di aver realizzato almeno 115 aborti illegali, di aver falsificato documenti e di associazione illecita. Morin – medico di origine peruviana, da anni residente in Catalogna – rischia una condanna di oltre 300 anni di carcere per aver provocato interruzioni della gravidanza fino alla 32ª settimana (praticamente all’ottavo mese). In questa agghiacciante vicenda un ruolo fondamentale è stato giocato dalla stampa internazionale. Nel 2004 fu il «Sunday Telegraph» che denunciò la facilità con cui venivano portati a termine gli aborti nelle cliniche di Morin. Due anni dopo un coraggioso reportage della tv danese pubblica svelò gli orrori degli istituti del ginecologo. L’associazione e Cristians si è costituita come parte civile insieme ad altre fondazioni (fra cui l’Ordine dei medici di Barcellona). «È un processo storico – ha detto Juan Francisco Jiménez Jacinto, portavoce di e-Cristians – perché finora è chiaro che la giustizia spagnola
ha sempre rifiutato in modo sistematico di indagare sulle denunce di casi di aborti illegali». Il 7 ottobre decine di associazioni pro-life scenderanno in piazza in 60 città spagnole con lo slogan «Per il diritto di vivere: aborto zero».


Avvenire, 13 settembre 2012, pag, 336

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