Addio maschio, rallenta la corsa degli spermatozoi


Uno studio francese: calati di un terzo in 20 anni. In crescita gli effetti negativi sulla fertilità maschile

di Elena Dusi

  Non ci sono più i padri di una volta. Gli andrologi lo avevano percepito da tempo. Ora una ricerca conferma il fenomeno: gli uomini producono meno spermatozoi rispetto al passato. La sopravvivenza della specie non è a rischio. Ma il declino della qualità del seme è ormai un dato costante nei paesi industrializzati, soprattutto a causa delle sostanze chimiche inquinanti.

   I francesi dell’Institut de Veille Sanitaire pubblicano oggi su Human Reproduction fanno un confronto fra le analisi del liquido seminale di 26.600 uomini, raccolte tra 1989 e 2005. Nell’arco di 17 anni e al netto dell’età, la concentrazione di spermatozoi è calata del 32% (da 73 milioni a 50 milioni per millilitro). È scesa del 33% anche la frazione di spermatozoi senza difetti di forma.

  L’illusione che si tratti di un problema francese è fugata dai dati italiani. Fabrizio e Filippo Menchini-Fabris, padre e figlio, entrambi andrologi, da 40 anni mettono insieme i dati sulla fertilità degli uomini in Italia. «Da quando abbiamo iniziato lo studio, la concentrazione di spermatozoi è calata del 20-30%» spiega Filippo. Carlo Foresta, professore di endocrinologia e direttore del Centro di crioconservazione dei gameti maschili all’università di Padova, alla fine di novembre ha presentato al Convegno di medicina a Lecce dei dati addirittura paradossali: «La conta degli spermatozoi nei diciottenni è più bassa rispetto ai quarantenni». Un terzo dei mille diciottenni padovani sottoposti all’analisi è risultato ipofertile (meno di 39 milioni d spermatozoi per millilitro). Oltre uno su dieci non raggiunge i valori minimi stabiliti dall’Organizzazione mondiale per la sanità: 15 milioni.


  La stessa asticella fissata dall’Oms è andata abbassandosi nel corso degli anni. «Quando ho iniziato la professione — racconta Giovanni Morrone, primario di andrologia e fisiopatologia della riproduzione all’ospedale di Cosenza — si considerava problematico un valore sotto ai 60 milioni. L’Oms nel 1999 ha portato il limite a 20 milioni e nel 2010 ha rivisto ancora il dato al ribasso, arrivando a 15 milioni». A chi fa notare che per fecondare una cellula uovo basta un solo spermatozoo, Foresta ribatte così: «È come se un serbatoio si avvicinasse al livello di riserva. La produzione di spermatozoi sani nel corso della vita può essere compromessa da fumo, uso di farmaci, infiammazioni. Più basso è il valore di partenza, più è facile ritrovarsi in una zona grigia di bassa fertilità».

  Per capire le ragioni del declino, un punto di partenza utile è la ricerca di Aldo Calogero dell’università di Catania, che ha confrontato la qualità del seme in aree industriali e in aree rurali della Sicilia. Nel primo caso la mobilità ridotta degli spermatozoi è associata a maggiori quantità di metalli pesanti come cadmio e nichel nell’organismo.

  «Varie sostanze inquinanti, dai pesticidi agli ormoni presenti nella carne, hanno effetti nocivi sul delicato meccanismo ormonale di produzione degli spermatozoi. E i danni possono iniziare già nell’utero della madre» spiega Foresta. «Obesità o sovrappeso sono altri fattore negativi, perché le cellule del grasso favoriscono la produzione di estrogeni». A soffrire di più per l’inquinamento ambientale e il bombardamento di estrogeni sono proprio le attività degli ormoni prodotti dai testicoli. «Non è solo il numero degli spermatozoi a diminuire» spiega Foresta. «Braccia e gambe si sono allungati negli ultimi anni, mentre il volume dei testicoli è diminuito». È il corpo dell’uomo in generale, secondo Morrone, «che sta subendo un processo di femminilizzazione. Il calo degli spermatozoi è solo uno degli aspetti del fenomeno».

La Repubblica, 6 dicembre 2012, pag, 53

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