di Emanuela Vinai
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Si sta affermando una sorta di mercato delle
illusioni in cui, a fronte dell’avanzamento dell’età della prima gravidanza e
dei problemi legati a una fertilità trascurata, ci si rivolge ai trattamenti di
fecondazione artificiale con una fiducia ammantata di irragionevolezza.
Racconta la ginecologa: «Continuo a stupirmi ogni volta che le pazienti vengono
in ambulatorio e mi parlano di Gianna Nannini o Carmen Russo come esempi di
maternità in età avanzata. Si pensa che la Pma abbia il potere taumaturgico di
far ringiovanire il grembo delle donne, riportando indietro fisiologia e
lancette dell’orologio. Ma la fecondità ha tempi ben precisi. Bisogna spiegare
bene che dopo i 35 anni le possibilità di una gravidanza si riducono
drasticamente».
Dal rilevamento Censis emerge che la
fecondazione artificiale è ormai intesa come un trattamento sanitario
comune,
eppure non è una terapia, perché non rimuove le cause della sterilità: «La Pma
extracorporea è stata inventata per superare problemi quali tube chiuse o seme
gravemente compromesso – chiarisce la Porcu –. Progressivamente però
l’indicazione si è ampliata fino a comprendere anche altri casi in cui invece
sarebbero praticabili soluzioni alternative. Il ricorso sempre più frequente
alla fecondazione artificiale è segno di una tecnica proposta in modo
indiscriminato».
Quando si parla di fecondazione eterologa il
consenso cala: la quota dei favorevoli si riduce al 50,5% e ben il 30,2% non ne
approva il ricorso. Non a caso, nel referendum del 2005, il quesito
sull’eterologa fu quello con più risposte negative: quasi il 23%. Per quanto se
ne dica, l’opinione degli italiani non è cambiata.
Infine l’aborto: a ritenere che possa essere
consentito è il 60%, mentre il 26% chiede che venga vietato e il 14% non si
esprime.
Il
Censis documenta un consenso sociale maggioritario per la fecondazione
artificiale Porcu: si confida troppo in questa pratica
Avvenire, 28 novembre 2012,
pag, 10
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