Caro-bebè. Per le coppie “in attesa” una
doccia fredda. Anche sei i costi resteranno sempre molto inferiori alle tariffe
delle strutture private, che in Italia sono il 56,6% del totale, e quasi tutte
concentrate al Sud. Ma il superticket riapre il dibattito su come debba
considerarsi, oggi in Italia, l’infertilità. E quanto dunque lo Stato debba
sostenere economicamente le coppie e le donne che per avere un bambino devono
sottoporsi, spesso più di una volta, a cicli di stimolazioni ormonali,
inseminazioni, o fecondazioni in vitro.
In una situazione dove ancora l’accesso alle
tecniche disegna un’Italia divisa in due, con intere aree del Sud prive di
centri pubblici e con leggi e regolamenti radicalmente diversi da regione a
regione. Rari i centri anche nel Lazio. Per la Toscana però, meta da sempre di
immigrazione da tutta Italia di coppie in cerca di un figlio, il superticket è
una vera e propria rivoluzione. Ma per l’assessore alla Sanità, Luigi Marroni,
in giorni di spending review, «la richiesta di una compartecipazione alle spese
è l’unico modo per tenere alta la qualità del servizio, così come è sempre
stato».
Forse. Eppure tra le associazioni, nei forum
delle coppie in cerca di un bimbo, la delusione è forte. «Purtroppo devo dire
che la Toscana, che è stata l’unica regione ad aver veramente aperto la porta
sulla fecondazione assistita, questa volta ha fatto un passo indietro», ha
commentato Monica Soldano, presidente di “Madre Provetta”. «L’infertilità è
considerata ancora qualcosa di secondario, al pari di un problema estetico. La
Toscana ha il merito di essere stata la prima regione a trattarla come una
questione di salute. Adesso purtroppo qualcosa è cambiato».
Ma è tutta la regolamentazione della
“provetta” ad essere confusa e di difficile lettura, tra i mille divieti (poi
caduti) della legge 40, alle regolamentazioni diverse tra le regioni. A
cominciare appunto dai ticket. Perché se in Lombardia le tecniche di
procreazione medicalmente assistita sono del tutto gratuite, in Piemonte il
ticket è molto simile a quello toscano. «Ed è giusto che sia così», dice
Alberto Revelli, che dirige il reparto di Fecondazione Assistita dell’ospedale
Sant’Anna di Torino, «è il minimo indispensabile per coprire i costi vivi di
una Fivet, che non è un prestazione salvavita, ed è naturale che l’ospedale non
ci rimetta». Una fecondazione in vitro, spiega ancora Revelli, «costa
all’ospedale 850 euro a tentativo, la Regione ne rimborsa 350, è legittimo che
la coppia paghi gli altri 500, e non dovrebbero esserci a mio parere nemmeno
esenzioni per reddito». Insomma, per avere un figlio, si può anche sostenere un
ticket di 500 euro, considerando che nei centri privati se ne pagano, «almeno
3.500». Eppure ci sono regioni dove è ancora tutto completamente gratuito.
L’Emilia Romagna, ad esempio, dove ci sono alcuni tra i centri più famosi
d’Italia, e la Lombardia.
Guido Ragni, ginecologo famoso, che per anni
ha diretto il Centro di Sterilità della clinica Mangiagalli di Milano, sostiene
però che «la gratuità di queste prestazioni è ormai insostenibile, non è giusto
fare le Fivet gratis e poi non avere i soldi per pagare le chemioterapie o le
cure di bambini con la leucemia». I tempi sono amari, difficili, ma per Guido
Ragni, il vero “scandalo” della provetta in Italia non sono i superticket, che
auspica arrivino anche in Lombardia, ma «l’inaccessibilità alle cure per i pazienti
di un’enorme parte d’Italia, l’intero Sud, dove il ciclo delle tecniche di
riproduzione è tutto in mano ai privati...».
Sconfortate invece le voci sui forum delle
aspiranti mamme. Giada: «Nei centri pubblici le liste d’attesa sono spaventose,
e spesso i cicli si devono ripetere. E già oggi tra esami, ecografie, farmaci,
per ogni tentativo ci vogliono almeno duemila euro. Io sono già al secondo e
devo riprovare, se alzano i ticket come farò?». «La verità — scrivono Carlo ed
Anna — è che ci considerano malati di serie B. Eppure ci sono ormai milioni di
italiani infertili, migliaia di coppie che non riescono ad avere figli. Se
bisogna spendere così tanto e aspettare mesi, allora è meglio andare
all’estero...»
Da
100 si passerà anche a 700 euro In Lombardia l’intervento resta gratuito
Ma
in gran parte del Sud la Fivet non viene neppure attuata in strutture pubbliche
La Repubblica, 13 agosto
2012, pag, 19
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