Liti, pappe e libri: il salotto delle mamme

di Vera Schiavazzi

  Era un mondo a parte, tenero e perfino commovente: tante mamme isolate, ciascuna nella sua cameretta, un piccolo abat-jour e un computer per connettersi col mondo e riversare le proprie paure e i propri affettuosi consigli. Poi è diventato un business: oggi moltissimi mommy blog sono sponsorizzati e fruttano alle loro autrici, se non proprio uno stipendio, almeno un buon argent de poche.

  Ma le mamme blogger sono, anche, le protagoniste di un vivace confronto che a tratti sfiora la rissa: stiamo viziando i nostri figli? Siamo madri snaturate? Diamo loro troppo da mangiare? E così via, a colpi di invettive che mostrano fino a che punto la «questione educativa» appassioni le italiane: «Ho due maschi, 9 anni il grande e 6 il piccolo» scrive per esempio mammanarchica (http://mammanarchica.wordpress.com), «loro hanno due stanze. Con i loro letti. Io e mio marito abbiamo la nostra con il nostro letto. Che è nostro appunto. E non condivisibile». Più o meno consapevolmente, risponde scoiattola (mammascoiattolo.com): «Lasciamo che gli psicologi facciano il loro mestiere, e decidiamo da sole come coccolare i nostri figli. Se Giulia ha la febbre io dormo vicino a lei, punto e basta».

  Su due milioni di mamme frequentatrici di blogger, ce n’è una su cento che ne ha aperto uno tutto suo, o almeno ci ha provato. Fattoremamma, agenzia di comunicazione milanese nata proprio sulla scia del fenomeno, ha appena aggiornato il suo sondaggio sul tema: 202 interviste, che mostrano come il 63 per cento delle blogger viva al Nord, il 65 per cento abbia tra i 35 e i 44 anni, mentre la blog-mania spesso inizia con l’arrivo del primo figlio, ma poi cresce fino a esplodere quando i piccoli di casa compiono sette anni, per scemare dopo i 10 (30 per cento).


  Che il mommy blogging si stia trasformando in un’arena capace di rispecchiare i sentimenti, le opinioni e le paure della metà del Paese lo rivela anche il 10 per cento delle intervistate, secondo le quali le lettrici «fanno critiche e esprimono dissenso», mentre il 2,5 per cento (ancora una sparuta avanguardia) mostra «fastidio» quando nel rapporto tra mamma e mamma si inseriscono prodotti recensiti troppo entusiasticamente o sponsor più o meno palesi. Ma il lato intimo, la mamma che scrive alla luce di una fioca lampadina e un pochino ricorda quella di Enrico, il protagonista di Cuore (era il 1886 quando il capolavoro di De Amicis venne pubblicato per la prima volta), è ancora prevalente: secondo il 66 per cento delle blogger, chi le legge «vuole seguire la nostra storia, le nostre vicende personali».

  Il 64 per cento ritiene invece (ma le risposte non erano in competizione) che il proprio sito, o blog, abbia successo perché «dà informazioni specifiche»: vanno forte la cucina, la salute, i metodi educativi, meglio se vagamente esotici. Il 4,5 per cento delle mamma in rete ha percentuali di accesso di tutto rispetto: oltre 50 mila utenti unici al mese, oltre 100 mila pagine viste, oltre 1.500 amici su Facebook e altrettanti «mi piace»,
Supermamma veleggia felicemente oltre i due milioni seicentomila visitatori a suon di torte alla ciliegia e bambini in piscina con la cuffia in testa: le lettrici intervengono a colpi di gallery, e concludono con: «Ho messo il resto sul mio Facebook perché magari interessava solo me». E la privacy? Semplice: l’autrice, Angela Ercolano, l’ha risolta ribattezzando i figli First e Second.

 Per Elastimamma, invece, una blogger d’avanguardia poi diventata firma di D di Repubblica, i due figli sono gli «hobbit», mentre il marito è un economista marxista.ltre 700 follower su Twitter.

 Come lei, sono molte le giornaliste che, rigorosamente sotto pseudonimo, si scatenano online. «Il fatto è che le mamme sono di gran moda» commenta Giovanna Cosenza, semiologa e a sua volta blogger con Dis.amb.iguando, dedicato alla pubblicità e ai suoi messaggi.

  «L’ultima prova l’ha appena mandata in mondovisione un gigante come Procter & Gamble, inondando gli schermi col suo spot (la regia è di Alejandro Gonzales Inarritu) per i Giochi olimpici di londra: un’emozionale carrellata di donne intente a preparare la colazione ai figli, friggere uova, baciare testoline e fasciare piccole ferite, magari preparando un grande atleta del futuro. Da quando sono arrivati i social network, poi, le mamme blogger sono cresciute ancora: chi ha poco da dire o vuol restare in superficie si accontenta di Facebook o dei 140 caratteri di Twitter, chi scrive bene e ha voglia di documentarsi continua col blog. Che, va detto, è un lavoro impegnativo». E infatti il sondaggio di Fattoremamma spiega che il 67 per cento dichiara di essere «molto» impegnata nel proprio blog. E si ritiene influencer: «Chi mi segue è come se seguisse una moda», ma anche «molte mamme si collegano al mio sito alla ricerca di un consiglio e poi ritornano, un po’ come quando chiami al telefono un’amica che è già passata sul sentiero che ora stai percorrendo tu».

  Aperte alla pubblicità, le blogger sono tutt’altro che acritiche: «Se un’azienda vuole farmi provare un formaggino io ci sto, ma deve farmi parlare con le persone che lo hanno immaginato e sviluppato, non con un anonimo ufficio marketing…». Il silenzio dei padri è assordante, rotto da pochissime voci, come quella di Stefano, che, dalla Svezia, racconta le gioie del suo congedo parentale obbligatorio. «Invece l’immagine italiana delle mamma, blog compresi, è tipica di una società ferma» conclude Cosenza. «Va bene parlare di pappe e pannolini, ma non si può restare sempre e solo a quello». Eppure le ricerche (l’ultima è di Mimesi insieme alla School of Management del Politecnico di Milano), dicono che è addirittura del 50 per cento la quota delle consumatrici che per scegliere cibi e altri prodotti per bambini si fida di ciò che legge in rete. Una lobby potente, non solo sul piano commerciale: in Inghilterra, dove le blogger sono nate, e negli Stati Uniti, movimenti come mumsnet riescono a cambiare le piccole cose, far sostituire un’altalena rotta, imporre un parco nel quartiere dove non c’era. Dietro la tastiera, protette dallo schermo, è più facile alzare la voce e diventare attiviste, e la paura di essere mal giudicate come madri diminuisce rispetto al faccia-a-faccia a bordo piscina o all’uscita dall’asilo.

  Jolanda Restano, che ha inventato Fattoremamma dopo essere partita con un piccolo blog, filastrocche.it, gettando alle ortiche una carriera in farmacia, è convinta che il fenomeno stia «esplodendo». E attraverso mammacheblog, con i suoi soci, ha cominciato a promuovere incontri anche reali, e non solo online, come il Social day che il 10 giugno ha fatto incontrare a Milano oltre duecento mamme-autrici. È stato un successo. Le aziende lo sanno, e hanno antenne veloci per intercettare le blogger più brave. Ma anche le mamme lo sanno, e sono pronte a alzare l’asticella: pubblicità sì, ma controllata e trasparente.

La Repubblica, 6 luglio 2012, pag, 39


 


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