Anche il tipo 1, d’origine autoimmune, è in aumento
di Adriana Bazzi
Piccoli diabetici crescono. Se fino a qualche
anno fa si ammalavano quasi sempre di diabete di tipo 1 (quello che si cura
solo con l’insulina), oggi i giovani sono sempre più colpiti anche dal diabete
di tipo 2, una volta chiamato "dell’adulto".
Il fenomeno è in aumento negli Stati Uniti e
non ha ancora contagiato l’Italia, ma se è vero, come spesso accade, che
l’America anticipa le tendenze in campo medico-sanitario, dovremmo cominciare a
preoccuparci.
«Dal 2001 al 2009 la prevalenza del diabete di
tipo 2 — ha precisato Giuseppina Imperatore, dei Centers for diseases control
di Atlanta, all’Ada, il congresso dell’American diabetes association che si è
tenuto a Philadelphia — è aumentata del 21 per cento fra i giovani americani
sotto i 20 anni, sia maschi che femmine, con qualche differenza fra i diversi
gruppi etnici (è più elevata fra gli indiani americani e fra i neri non
ispanici). Attualmente si contano da noi circa 19 mila casi di malattia: sono
dati che emergono dalla prima ricerca condotta negli Stati Uniti sul diabete
nell’età giovanile. Anche il tipo 1 è in espansione: nello stesso periodo è
aumentato del 23 per cento. In tutto il mondo il tasso di crescita del diabete
1 nei giovani è del 3 per cento l’anno».
Uno dei fattori di rischio cruciali per
diabete di tipo 2 è l’obesità: questa condizione comporta una ridotta
sensibilità delle cellule all’insulina e, quindi, un aumento della glicemia nel
sangue. Si capisce, allora, come mai la malattia si stia diffondendo fra i
giovani, sempre più obesi e in sovrappeso non solo negli Stati Uniti, ma anche
in Italia: basti pensare che il 36 per cento dei bambini italiani di otto anni
è obeso o in sovrappeso, un record in Europa. Non solo: la predisposizione può
essere acquisita già nel l’utero materno. Dice Dana Dabelea, pediatra
all’University of Colorado: «Nascere da una madre obesa o diabetica aumenta la
probabilità di sviluppare precocemente la malattia».
Per spiegare, invece, l’aumento del tipo 1,
che non è legato allo stile di vita come il tipo 2, ma ha un’origine autoimmune
(il sistema immunitario, cioè, aggredisce le cellule del pancreas che producono
insulina e le distrugge), i ricercatori avanzano alcune ipotesi.
Una teoria è che i bambini, nella nostra
società contemporanea, sono meno esposti a virus e batteri che stimolano il
sistema immunitario a difendersi e quindi a maturare, così il sistema
immunitario «rimane senza lavoro» e finisce per produrre anticorpi contro l’organismo
stesso.
Secondo un’altra ipotesi, oggi i bambini
crescono più rapidamente e acquisiscono peso più in fretta rispetto al passato:
tutto questo comporta un’eccessiva stimolazione delle cellule beta del pancreas
che diventano, quindi, più vulnerabili all’attacco del sistema immunitario.
Altri ricercatori, infine, stanno cercando di capire se il tipo di alimenti che
vengono via via introdotti durante lo svezzamento può avere qualche influenza.
Chiarire i meccanismi di malattia significa anche trovare nuovi sistemi di
prevenzione per il tipo 1; per il 2 i metodi si conoscono bene: dieta,
esercizio fisico e riduzione delle ore trascorse davanti alla televisione (chi
la guarda più di tre ore al giorno ha un minor controllo della glicemia).
E veniamo al trattamento. Quello per il tipo
1 è codificato: semmai si può discutere di tipi di insulina, di schemi e di
modalità di trattamento. Per il tipo 2, invece, la terapia con ipoglicemizzanti
orali è ancora da mettere a punto (per ora è approvata solo la metformina e i
nuovi farmaci non sono ancora stati sperimentati in queste fasce di età) e
dovrebbe tenere conto del diverso tipo di complicanze cui può andare incontro
un bambino con diabete 2 rispetto all’1. I primi studi dicono che nel tipo 2
dei giovani c’è una maggiore presenza di proteine nelle urine rispetto all’1,
il che fa ipotizzare un maggior rischio di complicanze renali. E sempre nel 2,
già all’esordio della malattia, si possono evidenziare segnali di danni ai
nervi, in particolare a quelli del sistema nervoso del cuore, che potrebbero
portare a malattie cardiovascolari.
Trend
Oggi il 36% dei bambini italiani di otto anni
è quantomeno in sovrappeso.
Rischio
Già nell’utero materno si può acquisire una
predisposizione alla malattia.
Corriere della Sera, 8
luglio 2012, pag, 37
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