di Gianfranco Amato
Da tempo si va profilando il rischio che
l’orizzonte socioculturale britannico possa diventare il nostro in un prossimo
futuro. E non è un bell’orizzonte. Eccone una riprova. Recentemente una
quindicenne inglese di Salford, sospettando uno stato di gravidanza, ha deciso
di recarsi in ospedale, dove ha ricevuto dagli operatori sanitari la conferma
di aspettare effettivamente un bambino. Trattandosi di una gravidanza
indesiderata, l’aborto è parso l’unica opzione possibile. I medici
dell’ospedale hanno deciso di rispettare la volontà della ragazzina di non
coinvolgere i propri genitori nella decisione di abortire, e si sono limitati a
mettere al corrente della circostanza la scuola. Qui la quindicenne ha trovato
la comprensione degli insegnanti, che hanno discusso con lei la delicata
questione e assecondato la sua reticenza nei confronti della famiglia,
concedendole il permesso di assentarsi per abortire e standole vicini quando si
è recata in clinica per l’operazione. Tutto regolare, perché secondo la legge
inglese (quella che alcuni additano come modello anche per l’Italia...) gli
insegnanti, i medici e gli infermieri possono fornire consulenza in campo
sessuale o nei trattamenti sanitari – compreso l’aborto – a ragazze minorenni
tenendo all’oscuro i genitori. John Merry, responsabile del competente
dipartimento dell’amministrazione comunale di Salford, ha difeso l’operato
degli insegnanti, spiegando che «hanno correttamente ottemperato alle chiare e
vincolanti disposizioni previste dalle linee guida nazionali in questi casi».
Michaela Ashton, dell’organizzazione Life, ha invece criticato il comportamento
dell’istituto scolastico
, accusando gli stessi docenti di «aver nascosto e
concorso a determinare un evento grave, controverso, e potenzialmente dannoso
nella vita della figlia e di due genitori». «Il fatto che la legge glielo
consenta – secondo la Ashton – non significa che sia anche moralmente giusto».
È il problema di sempre: la scelta tra la legge di Dio e quella degli uomini.
In Gran Bretagna, peraltro, il vezzo di tenere all’oscuro i genitori è ormai
diventato la regola. È di quest’anno, ad esempio, la notizia dell’iniziativa adottata
in nove scuole di Southampton per consentire di impiantare a studentesse
minorenni un contraccettivo ormonale sottocutaneo (una piccola placca lunga
circa quattro centimetri che, inserita nella parte interna del braccio,
rilascia un ormone capace di bloccare l’ovulazione).
Tra le giovanissime, sono state coinvolte
anche alcune tredicenni, senza che i genitori ne fossero a conoscenza. Si tratta
di uno dei tanti provvedimenti adottati dalle scuole dopo che il governo di Sua
Maestà ha sollecitato la necessità di arginare il dilagare delle gravidanze
indesiderate tra le adolescenti. Il fatto è che la famiglia non può essere
espropriata, nemmeno attraverso una legge ingiusta, della sua funzione essenziale
di luogo dell’educazione nel quale l’individuo acquisisce il senso di
appartenenza e sviluppa la propria coscienza, ossia il sentimento di sé come responsabilità
verso qualcosa di più grande. In questo senso la famiglia diventa «initium sive
particula civitatis», cellula della società e il suo principio, secondo la
celebre definizione di quel campione di realismo cristiano che fu sant’Agostino.
Pensando a ciò che è accaduto alla povera quindicenne di Salford, torna alla
mente un’altra immagine del grande vescovo di Ippona, mutuata dalla natura: la madre
paragonata alla chioccia, che copre con la carezza delle sue piume i teneri
nati, e raccoglie intorno a sé con voce rotta i pulcini pigolanti, mentre
quelli che fuggono le sue carezzevoli ali «praeda fiunt alitibus», cadono preda
di uccelli rapaci. Oggi può persino accadere che il predatore assuma le caritatevoli
sembianze di un medico, di un’infermiera o di un’insegnante.
Avvenire, 5 luglio 2012,
pag, 2
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