Scuola dell'obbligo Dai cinque anni

Proposte Se anticipiamo l’ingresso alle elementari faremo un passo avanti nella rimozione degli ostacoli che, come dice la nostra Costituzione, «limitano la libertà E l’eguaglianza». Vantaggi sociali ed economici


di Ricardo Franco Levi
 
  La garanzia più forte della nostra Costituzione consiste nella sua applicazione. Nel viverla giorno dopo giorno». Così si è espresso, nel suo messaggio al Parlamento, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Che, subito dopo, ha aggiunto: «Garantire la Costituzione significa garantire il diritto allo studio dei nostri ragazzi».

  Sarebbe fare torto alla cultura e alla personalità del presidente sminuire il significato della scelta del diritto allo studio come primo campo nel quale dare prova di concreta fedeltà alla Carta costituzionale.

  Nel messaggio al Parlamento il diritto allo studio
appare, invero, come elemento costitutivo e primario del «patto costituzionale che mantiene unito il Paese e che riconosce a tutti i cittadini i diritti fondamentali e pari dignità».

  Mai come oggi, nella società che è la nostra e che giustamente si definisce società della conoscenza, il sapere fa la differenza: nella possibilità di affermarsi nel mondo del lavoro, di partecipare in modo attivo e consapevole, da protagonista e non da gregario, alla vita della società. Mai come oggi, proprio perché può fare e fa la differenza, il sapere rischia di diventare la fonte della più grande e permanente diseguaglianza, quella tra chi sa e chi non sa, tra chi ha avuto accesso alla migliore istruzione e chi ne è stato escluso.

  Ma come dare «alla nostra comunità» una risposta «efficace» e «adeguata» a questa che, tra le
«sfide che abbiamo di fronte» — sono ancora e tutte parole del messaggio del presidente Mattarella — è forse la più ardua? Da dove partire? Dove poggiare il primo passo per evitare l’inutile fuga in avanti delle grandi promesse?

  Dalla base. Questa può essere la risposta. È nei primi e primissimi anni di vita che il bambino, come una spugna, è più aperto ad assorbire conoscenze. È su questa decisiva fase della vita che si deve intervenire per offrire, per quanto possibile, uguali opportunità a tutti i bambini. Nulla e nessuno potrà mai contare e fare di più di genitori capaci e disponibili a parlare, a leggere ai propri bambini, ad accompagnarli, ora dopo ora, giorno dopo giorno, a scoprire il mondo.

  Ma la scuola può fare molto, moltissimo, soprattutto per le famiglie più svantaggiate e i bambini meno fortunati. La scuola è lì per questo. Facciamola allora iniziare un anno prima. Non più a sei, ma a cinque anni. Per tutti. Superando l’attuale normativa che prevede che nella scuola primaria (quella che una volta si chiamava scuola elementare) si entri al compimento dei sei anni entro il 31 dicembre di ogni anno e offre la possibilità dell’anticipo solo per i bambini che compiano i sei anni entro il trenta aprile dell’anno successivo. Portiamo sotto la cura e la protezione della scuola con un anno di anticipo tutti i bambini e con loro, in primo luogo, quelli che a cinque anni, in molte regioni e soprattutto nel Mezzogiorno, stanno non in un’aula ma nella strada, e contribuiremo (quasi certamente con poca o nessuna spesa aggiuntiva) a ridurre una grave fonte di ineguaglianza e di ingiustizia.

  Ma non è tutto. Anticipiamo di un anno l’ingresso nella scuola primaria e daremo un sollievo importante a tutte le strutture e a tutti i soggetti, pubblici e privati, impegnati nella cura e nell’educazione dei bambini da zero a cinque anni, agevolando, così, l’estensione di questi servizi sociali fondamentali, distribuiti in modo gravemente diseguale da Nord a Sud, a una fascia sempre più ampia della popolazione. È compito e impegno della Repubblica — ha detto il presidente Mattarella citando l’articolo 3 della Costituzione e certamente memore della sua passata esperienza come ministro della Pubblica istruzione — «rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l’eguaglianza». Partiamo dalla scuola.

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Corriere della Sera, 19 febbraio 2015



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