Zygmunt
Bauman
Conversazioni sull'educazione
Edizioni Erickson, pagg.147, Euro 12,00
IL LIBRO – Qual è il ruolo
dell’educazione in un tempo che ha smarrito una chiara visione del futuro e in
cui l’idea di un modello unico e condiviso di umanità sembra essere il residuo
di un’era ormai conclusa? Quale ruolo dovrebbero rivestire gli educatori ora
che i giovani vivono una profonda incertezza rispetto al loro futuro, i
progetti a lungo termine sono diventati più difficili, le norme tradizionali
sono meno autorevoli e flussi sempre più cospicui di persone hanno creato
comunità variegate in cui culture differenti si ritrovano a vivere fianco a
fianco senza più essere unite dalla convinzione che l’altro verrà prima o poi
assimilato alla «nostra» cultura?
Posti di
fronte alle sconcertanti caratteristiche del nostro mondo liquido moderno,
molti giovani tendono a ritirarsi – in alcuni casi nella rete, in giochi e
relazioni virtuali, in altri casi nell’anoressia, nella depressione, nell’abuso
di alcol o droghe – nella speranza di proteggersi così da un universo oscuro e
vorticoso. Altri si lanciano in forme di comportamento più violento come le
guerre tra bande o i saccheggi perpetrati da chi si sente escluso dai templi
del consumo ma è avido di partecipare alla funzione. Tutto questo avviene
mentre i nostri politici restano a guardare, distratti e indifferenti.
In questo
breve libro Zygmunt Bauman – il più grande teorico sociale della nostra
contemporaneità, qui in conversazione con Riccardo Mazzeo, un intellettuale suo
amico – riflette sulla situazione delle ragazze e dei ragazzi di oggi e sul
ruolo dell’educazione e degli educatori in uno scenario dove le certezze dei
nostri predecessori non possono più essere date per scontate.
UN BRANO – “Fra le immagini che mi anno
colpito più profondamente e che ho deciso di conservare c’è fotografia di una
lezione di classe all’aria aperta scattata nella città di Fada, in Ciad:
ciascuno dei circa cinquanta alunni di scuole elementare mostra
orgogliosamente, tenendola sospesa sulla sua testa, una piccola lavagna; questi
bambini sono vestiti poveramente, il paese è devastato a causa delle risorse,
dei duecento gruppi
etnici differenti, della guerra, e cionondimeno in questa
foto vi è qualcosa di “gioioso e glorioso” come ha notato il romanziere
italiano Antonio Scurati: “I bambini che sollevano le lavagnette sopra la testa
sembrano inalberare la bandiera della scolarizzazione universale, sembrano far
culminare in pinnacoli di ardesia la cattedrale della conoscenza, il sogno di
un edificio scolastico grande abbastanza da contenere l’umanità intera”
(Corriere della Sera Sette”, 24 giugno 2011). In Italia, ne 1951, si viveva in
condizioni di sottosviluppo, la media della scolarizzazione era di solo tre
anni. Il paese oggi è “sviluppato”, con una scolarizzazione media di undici
anni, ma questo dipende dal boom degli anni Sessanta e dalle floride condizione
dei decenni successive. Fino gli anni più recenti, in cui lo spettro della
povertà sta, assillando giorno dopo giorno sempre più famiglie.
Nella tua intervista pubblicata nel 2010 su
“The Guardian” con Ranpeep Ramesh hai detto di Ed Miliband: “Mi sembra molto interessante la visione
della collettività di Fd. La sua sensibilità ai problemi dei poveri, la
consapevolezza che la qualità della società e la coesione della comunità non si
misurano in termine statistici ma in base al benessere delle fasce più deboli”. I poveri europei stanno tagliando
selvaggiamente il welfare in Gran Bretagna, in Italia, pressoché dovunque. Tu
fosti probabilmente il solo che, nel 1999, propose di garantire un “reddito del
cittadino”, fondamentalmente il denaro sufficiente a condurre una vita libera,
per eliminare “la mosca morta dell’insicurezza dall’unguento odoroso della
libertà”
INDICE DEL VOLUME – Note del curatore (di
Ricardo Mazzero) - Capitolo primo - Tra
mixofilia e mixofobia - Capitolo secondo - José Saramago e modi odiosi di essere
felici - Capitolo terzo - Gregory Bateson e il suo terzo livello
dell’educazione - Capitolo quarto - Dalla
chiusura mentale alla «rivoluzione permanente»
- Capitolo quinto - Querce
centenarie e ghiande ridicolmente minuscole - Capitolo sesto - Alla ricerca di una genuina «rivoluzione culturale»
- Capitolo settimo - La depravazione
è la migliore strategia della deprivazione - Capitolo ottavo - Pochi minuti per distruggere, molti anni per
costruire - Capitolo nono - I giovani
come bidone dei rifiuti per l’industria dei consumi -
Capitolo decimo - Lo sforzo della comprensione reciproca come fonte di
creatività - Capitolo undicesimo - I disoccupati possono sempre giocare al
lotto, non è vero? - Capitolo dodicesimo
- Disabilità, anormalità, minoranza come problema politico - Capitolo tredicesimo - L’indignazione e
i raggruppamenti politici a forma di sciame - Capitolo quattordicesimo - I consumatori difettosi e gli infiniti
terreni minati - Capitolo quindicesimo -
Richard Sennett e la differenza - Capitolo sedicesimo - Dal discorso del
capitalista di Lacan al discorso del consumista di Bauman - Capitolo
diciassettesimo - Žižek e Morin sul
monoteismo - Capitolo diciottesimo - La petite
madeleine di Proust e il consumismo - Capitolo
diciannovesimo - Combustibili, scintille e incendi - Capitolo
ventesimo - Educazione e globalizzazione – Bibliografia – Indice dei nomi.
L’AUTORE - Nato da genitori
ebrei non praticanti a Poznan (Polonia), nel 1925, fuggì successivamente nella
zona di occupazione sovietica nel 1939,
a seguito dell’invasione nazista della Polonia e si mise a servizio di
un’unità militare sovietica, per la precisione il KBW, un’unità sorta con lo
scopo di combattere l’anticomunismo.
Dopo la guerra, iniziò a studiare sociologia all’ università di Varsavia,
ove rimase almeno fino al 1968.
Collaborò con diverse riviste specializzate, tra cui “Sociologia na co
dzien” (“sociologia di tutti i giorni”),
che raggiungeva un pubblico relativamente vasto.
Inizialmente fu fedele al Marxismo ma successivamente si avvicinò al
pensiero di Gramsci e Simmel.
Nel marzo 1968, una epurazione antisemita in Polonia spinse molti degli
ebrei polacchi superstiti a cercare rifugio all’estero: il ministro populista
Mieczyslaw Moczar scatenò una dura campagna antisemita, culminata in una purga,
che non consentì a Bauman di candidarsi a leader del Partito polacco dei
Lavoratori Uniti e fece perdere al contempo la sua cattedra all’Università di
Varsavia.
Durante un temporaneo soggiorno in
Gran Bretagna, presso la “London School of Economics”, pubblicò uno studio sul socialismo inglese,
sotto la supervisione di Robert McKenzie(1959). Questa fu la sua prima opera
maggiore e venne tradotta in inglese nel 1972.
Bauman, colpito dall’epurazione, riparò in Israele e insegnò all’università
di Tel Aviv; in seguito ottenne una cattedra all’università di Leeds.
La fuga in Israele non fu indolore per Bauman:ebbe difatti dei dissapori
con il padre, del quale non comprendeva il fervente sionismo; a causa di questo
progetto, il filosofo ebbe a scontrarsi con i suoi superiori del KBW.
Dal 1990 circa, il filosofo polacco
esercitò una considerevole influenza sul movimento Anti-Globalizzazione.
Bauman è attualmente sposato con la scrittrice Janina Bauman e ha tre
figli, di cui una è la pittrice Lydia Bauman.
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