Come investire per i figli

In educazione o in una casa?

Tre famiglie italiane su quattro sostengono i giovani nell’acquisto dell’abitazione

di Federico Fubini

  Marlene Griffith, una madre di mezz’età dell’Ohio, qualche tempo fa ha abbracciato un’innovazione finanziaria che avrebbe potuto ispirare Eschilo, o Euripide: ha fatto un’assicurazione sulla vita di sua figlia Kesley, 23 anni. Come nella trama di una tragedia greca, Marlene sa che nel caso Kesley muoia lei potrebbe diventare ricca.
  Se suona come un ribaltamento dell’idea stessa di eredità dai genitori ai figli, un principio vecchio millenni, un motivo c’è. La ragione va cercata nei traumi di cinque anni di crisi sulla continuità finanziaria delle famiglie, e al modo in cui queste vedono cambiare il proprio futuro e il senso stesso dell’investire nei figli. Succede negli Stati Uniti, ma in modi diversi anche in Europa e in Italia.

  Nel caso delle Griffith, l’idea della polizza sulla figlia nasce dal debito di 120 mila dollari che Kesley ha assunto per studiare alla Ohio Northern University. Una clausola con la banca stipula che l’onere ricadrebbe sulla madre dopo eventuale decesso della ragazza. Ma il loro caso rivela il rischio che le famiglie americane sono disposte ad affrontare purché i figli studino. Secondo il dipartimento dell’Educazione, nel 2008 due terzi degli universitari negli Stati Uniti si era indebitato per perseguire un’istruzione superiore (era il 45% nel 1993). L’onere medio è di 23 mila dollari e l’ammontare totale di questi debiti, oltre mille miliardi di dollari, supera ormai ciò che gli americani devono rimborsare sulle loro carte di credito. In fondo non sorprende, poiché le tasse universitarie da anni rincarano tre volte più in fretta dell’indice generale dei prezzi. Sorprende invece la determinazione a rischiare (anche troppo) pur di studiare, quando le famiglie non vogliono o non possono più dare una mano. Anche a costo di continuare ad accrescere l’indebitamento delle famiglie, già gravate dai postumi della bolla immobiliare.


  E in Italia? Di recente Elsa Fornero ha avuto parole molto nette: «Spesso nelle famiglie — ha detto il ministro del Lavoro — il desiderio di farsi la casa ha la priorità sull’ambizione di creare un capitale umano adeguato a favore dei figli». Ai ragazzi, secondo Fornero, bisognerebbe invece «lasciare una struttura di conoscenze». Con l’espressione accademica «capitale umano» Fornero intende parlare anche di eredità: fra le righe il ministro incoraggia i genitori a investire di più nell’istruzione superiore dei figli, se possono, piuttosto che nella proprietà immobiliare da lasciar loro. Comprare la casa al ragazzo anziché mandarlo alla London School of Economics, oppure incoraggiarlo a lavorare troppo presto per aiutare a pagare il mutuo di famiglia sono per lei comportamenti simili. Insomma in Italia viene prima il mattone, poi i libri? I dati più recenti di Casa.it lo fanno pensare. Due famiglie su tre forniscono aiuti finanziari rilevanti ai ragazzi per l’acquisto della prima casa e l’83% è disposto a spendere almeno 100 mila euro per questo.

  È possibile che dipenda dal fatto che gli italiani non percepiscono l’istruzione come un costo, perché le rette sono basse o inesistenti: poco importa che investire gli anni migliori in una formazione inadeguata implichi prezzi nascosti. Dunque si preferisce spendere nella casa, non nella capacità futura di produrre reddito grazie agli studi. Stefano Molina della Fondazione Agnelli ha però una lettura diversa. Nel Mediterraneo i popoli che investono di più in istruzione, in rapporto al reddito, sono gli israeliani e i palestinesi: «Chi non sa dove sarà tra dieci anni, preferisce investire su di sé piuttosto che in una casa», osserva Molina. In Italia lo si nota nell’atteggiamento degli immigrati. Vinicio Ongini, nel suo libro Noi domani. Un viaggio nella scuola multiculturale, ha scoperto quanto esigenti siano i genitori indiani Sikh della Pianura padana o i lavoratori edili rumeni di Palermo riguardo ai voti a scuola dei figli. Molto più di quanto accada ai compagni di classe italiani. Fino a quando, magari, la crisi toglierà certezze anche a questi ultimi ma darà loro più sete di investire su di sé.

  Tre famiglie italiane su quattro sostengono i giovani nell’acquisto dell’abitazione

Corriere della Sera, 2 giugno 2012, pag, 45  

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