Chiara Valentini denuncia il
mobbing contro le lavoratrici in gravidanza, mentre Valeria Ottonelli stigmatizza
il femminismo moralista: sono “Prigioni e Paradisi” della donna, secondo
un’inedita Colette
di Carlotta Vissani
«Lascia perdere, sono casi, non funziona così
ovunque! E poi a spaventarti non guadagni nulla», mi dice un’amica. Ma come
restare indifferenti quando scopri aziende che organizzano corsi di mobbing
strategico contro le donne in dolce attesa? Ricoprire un ruolo dirigenziale o
da operaia non fa differenza se la conclusione è firmare, per sfinimento, la
famigerata lettera di dimissioni in bianco. Quello che non è un caso, invece,
sono le 800mila italiane che perdono il lavoro per maternità, verità difficile
da negare come spiega Susanna Camusso nella prefazione al reportage che la
giornalista e saggista Chiara Valentini firma con un titolo eloquente: O i
figli o il lavoro. La disgiuntiva sottolinea la difficoltà, se non l’impossibilità,
di avere entrambe le cose. Lo testimoniano le decine di storie raccolte in un
viaggio dentro una società che giudica la maternità quasi una malattia sociale.
Non solo precarietà diffusa, quindi, ma anche scarse possibilità di reintegro per
chi avrà tra le dita un fiocco rosa o azzurro. Hai voglia a dire che «l’Italia
è il paese del mammismo, dove l’esaltazione della figura materna è stato tratto
dominante della nostra cultura». Sfilano così le varie Francesche e Fiorelle,
l’una laureata con specializzazione e un impiego in un reparto maternità,
l’altra commessa in un supermarket a
scaricare bancali. La prima, uscita allo
scoperto, ha accettato il lavoro di assistente notturna in una clinica privata,
stipendio misero in nero, niente ferie né assistenza sanitaria. La seconda è stata
messa alla porta. C’è anche chi ha nascosto la gravidanza sino alla fine e si è
trovata un figlio senza le dita di mani e piedi. La causa? Le radiazioni degli
apparecchi per le radiografie dentali che ha continuato a usare, ignara dei
possibili effetti. Neanche fossimo nel secolo scorso, quando le ragazze
disonorate si infagottavano o stringevano nei bustini. Al momento della
rivelazione venivano spedite a partorire lontano e il bambino affidato a una
balia o all’assistenza caritativa. Ieri venivi spedita lontano, oggi ti dicono
che sei un peso, un costo e non servi più. Valentini si destreggia tra
statistiche, indici Istat, interviste raccolte lungo tuto lo stivale,
legislazione facile da aggirare, analogie con i tradizionalismi del passato,
sorpassati solo a parole. Ne esce un ritratto desolante, fotografia di tempi in
cui un bebè è un freno al fare e le aziende à la San Pellegrino (comprensione,
orari flessibili e un nido interno) sono eccezioni.
Anche la filosofa genovese Valeria Ottonelli,
in un saggio agile e controtendenza, constata la tenacia delle donne nella
difesa dei propri diritti. Contrariamente al pensiero del movimento Se non ora quando e del celebre documentario
di Lorella Zanardo, crede che il problema non sia l’uso che una frangia in
gonnella fa del proprio corpo ché ognuna può disporre di sé come meglio crede
senza che lo si percepisca come offesa al genere. Il nocciolo è da ricercarsi
nella scomparsa della solidità-solidarietà sociale, nello sfaldamento delle
conquiste in termini di diritto al lavoro, allo studio, alla salute. Si rischia
di cadere altrimenti in un femminismo moralista sterile e censorio che anziché
restituire libertà e potere alle donne fa dipendere il loro valore dal giudizio
altrui. A grandi linee la pensava così anche Colette, icona di raffinatezza
culturale a 360° eppure disinibita, trasgressiva, libertina, amante del corpo
nudo, una sorta di memo vivente: il mondo non è diviso tra sante e puttane ma
c’è qualcosa in mezzo che si chiama libero arbitrio, possibilità di scegliere
chi si vuole essere. Imprescindibili le i m p re s s i o n i inedite raccolte
nel bel volume Prigioni e Paradisi, a raccontare la vena più sensoriale e
metaforica della Colette donna, artista, seduttrice, osservatrice curiosa del
mondo. Che cosa è Paradiso e che cosa Prigione? Che cosa è puro, cosa impuro?,
si domanda il lettore. La risposta per la francese è univoca: le prigioni sono
paradisi così come la purezza è impura (e viceversa).
Chiara Valentini, O i figli o il lavoro,
Feltrinelli, pagg. 224, € 16,00; Valeria Ottonelli, La libertà delle donne. Contro
il femminismo moralista, Il melangolo, pagg. 126, € 12,00; Colette, Prigioni e
Paradisi, Del Vecchio editore, pagg. 224, € 13,00
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