Autismo


Il 2 aprile la Giornata mondiale: le polemiche sulle linee guida eludono il tema dei lavori scientificamente valutati. Una risposta ai critici.

Disfida sulle cure efficaci ma i genitori sono centrali

di Franco Nardocci

  A quasi settant’anni dalla sua individuazione da parte di Leo Kanner (1943) e di Hans Asperger (1944), persistono ancora alcuni interrogativi su quale sia la causa, o le cause, dell’autismo (di cui il 2 aprile si celebra la Giornata mondiale), in considerazione anche della grande variabilità dei quadri sintomatologici del cosiddetto spettro autistico. Sono cresciute intanto, anche in Italia le conoscenze scientifiche e le pratiche cliniche: dalla linea guida della Società di neuropsichiatria infantile (2005) al più recente documento del Tavolo Nazionale per l’Autismo (che ha provocato non poche polemiche). A oggi si possono segnalare delibere di indirizzo per le patologie autistiche in 14 regioni e linee guida operative in dieci. Unico comun denominatore: l’autismo è considerato in tutto il mondo scientifico come una grave disabilità dovuta a una precoce disfunzione neuro cerebrale e non come una malattia mentale.
  Sul piano degli interventi l’approccio alla disabilità autistica è orientato quindi dagli interventi abilitativi, educativi e socializzanti che possono migliorare o modificare, ma purtroppo non guarire, gli effetti dei disturbi nella comunicazione, socializzazione e comportamento caratteristici dell’autismo. Numerose sono state le testimonianze sulle ripercussioni nefaste della teoria della “madre frigorifero” (le madri fredde “causa” dell’autismo, in auge negli anni Sessanta) o di interventi psicoanalitici condotti in maniera intensiva e diffusa. Dopo decenni di interventi psicoterapeutici anche istituzionali, i bambini autistici degli anni Cinquanta e Sessanta (e in Italia anche Settanta) sono diventati, nella stragrande maggioranza (tra il 70 e l’80%) degli adulti, con tali disabilità nelle autonomie individuali e sociali da essere abbandonati alle famiglie, internati o “custoditi” negli istituti. Se da una parte si plaude ai metodi di analisi scientifica basati sulla medicina delle evidenze che hanno permesso di valutare la terapia Di Bella inefficace o la diffusione della “crescina” per i capelli praticamente una truffa, quando ci si addentra nel campo dell’autismo le cose diventano più complicate. Ci sono voluti 12 anni prima che una rivista seria come Lancetammettesse di avere contribuito a creare paure infondate nei confronti della vaccinazione trivalente (l’accusa, anche qui, era di causare l’autismo, ndr). Per le linee guida si è raccolto tutto il materiale scientifico prodotto (dal 2005 all’aprile 2010) sul tema a livello internazionale, analizzato e catalogato, verificato in relazione alle evidenze di efficacia dei risultati. La prima raccomandazione delle linee guida riportata non riguarda metodi o tecniche, ma focalizza la sua attenzione sugli interventi “mediati” dai genitori. Si consiglia di adattare l’ambiente comunicativo sociale e fisico circostante, si ipotizza un profilo di efficacia (dimostrata dagli studi) a favore di alcuni interventi (psicoeducativo Teacch e approccio comportamentale) e di considerare altri interventi intensivi altrettanto strutturati, richiamando anche la necessità di approfondire questi temi con ulteriori studi e analisi. Il respiro è ampio, non si sposa un’unica metodologia. Non va poi sottovalutata l’importanza della revisione sull’efficacia anche degli interventi psicofarmacologici, in ampio sviluppo.
  Nessuno vieta, ovviamente, a coloro che si fanno paladini della “libertà di cura” e propongono altre terapie, di documentare e dimostrare il valore delle ipotesi e i risultati dei loro interventi utilizzando gli strumenti fondanti il confronto e il progredire scientifico: la scrittura e la diffusione nel mondo scientifico.

* Past President Soc. italiana neuropsichiatria infanzia Componente Panel redazione Linea guida autismo.

la Repubblica,  27 Marzo 2012, pag, 34

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