L’illustratore italo-argentino sarà alla Fiera del libro
per ragazzi di Bologna «I piccoli cercano il particolare, la coerenza. Essere
artisti a volte è più facile»
di Cristina
Taglietti
«Qualche giorno fa parlavo con
Roberto Innocenti e ci chiedevamo quanti illustratori per ragazzi, che vivono
solo di quello intendo, ci siano in Italia. Io dicevo circa dodici. Lui
sostiene solo due. Ma Roberto è così. Gli piace pensare che sarà quello che spegnerà
la luce».
Forse non sono rimasti soltanto loro due, ma
sicuramente tra Roberto Innocenti e Fabian Negrin c’è una linea diretta. Stessa
ostinazione nel voler vivere di un’occupazione, l’illustrazione di libri per
ragazzi appunto, che non porta con sé grandi soddisfazioni economiche; stesso
attaccamento, in tempi di trionfo digitale, ai «vecchi strumenti»: carta,
matite, pennelli (unica concessione lo scanner, per mandare le tavole agli
editori); stessa idea, umile ma non sminuente, di ciò che si è: artigiani più
che artisti. «Dal mio punto di vista è anche più difficile. Seguire l’estro, o
l’intuizione, del momento è tutto sommato semplice. Tradurre in immagine un
testo, raccontare con i disegni una storia, facendo procedere insieme parole e
segni richiede uno sforzo superiore. La cosa importante non siamo né io, né
l’autore, ma il legame tra le due forme espressive. I bambini sono spietati,
guardano i particolari, se uno stesso personaggio lo fai in due modi diversi si
arrabbiano e te lo dicono. Non puoi prenderli in giro».
Negrin sarà alla Fiera del libro per ragazzi
di Bologna, il più importante appuntamento internazionale per il settore, con i
suoi ultimi lavori: Frida e Diego (Gallucci), l’omaggio a Salgari di Chiamatemi
Sandokan (Salani), Capitan Omicidio di Charles Dickens che Orecchio Acerbo ha
rieditato in una nuova collana «I libri con il poster». Il 20 marzo, sempre a
Bologna, inaugurerà anche la mostra con le tavole di Frida e Diego alla
Biblioteca dell’Archiginnasio. Al tavolo di lavoro, nella camera da letto della
sua casa milanese, c’è la cartella con le ultime tavole preparate per una
raccolta di tre racconti di Italo Calvino che Mondadori pubblicherà nella
collana Contemporanea e che segna il ritorno, dopo dieci anni, dell’illustratore
con la casa editrice di Segrate. «Intanto ho cominciato un nuovo lavoro, "Bêtes",
per l’editore francese Seuil».
Negrin è un illustratore poliedrico, dallo stile
sempre diverso, eppure riconoscibile dal tratto deciso. Ha raccontato alla
rovescia la storia di Pinocchio in Occhio pin (Orecchio Acerbo), dove i
burattini sono gli altri e Pinocchio un bambino che cerca di evadere dal
conformismo, ha riscritto Cappuccetto Rosso ascoltando la campana del lupo (In
bocca al lupo, Orecchio acerbo), ha spiegato con pastelli e acquerelli l’orgine
della specie di Darwin (In riva al fiume, Gallucci), ha illustrato il racconto
di Jack London L’ombra e il bagliore (Orecchio acerbo). «Ho fatto un centinaio
di libri finora, prima ne realizzavo anche dieci l’anno. Adesso molti meno, tre
o quattro l’anno, per l’estero soprattutto». Il suo stile si è evoluto nel
corso del tempo e ora sembra celebrare un ritorno al classico. «Mi interessano
e mi ispirano autori come Maxfield Parrish, Howard Pyle, il primo Novecento, che
per me è l’epoca d’oro dell’illustrazione. Poi, certo, guardo molto anche i
pittori, a seconda di quello che sto facendo. La pittura dell’Ottocento, gli
artisti vittoriani, van Dyck, Delacroix sono quelli che in questo momento
studio di più. Una volta mi interessavano i contemporanei, non so forse sono
diventato reazionario. Faccio anche la tempera all’uovo, come i fiamminghi,
anche se a volte uso pure il computer come nel caso di Santi bambini. Però sono
i dettagli che mi fregano. Riconosco subito se è un olio o un acquerello vero. Con
il computer c’è un’impressione di finto che per me è fortissima. Il fatto di
poter cancellare facilmente toglie la tensione che c’è quando disegni a mano.
Se una cosa non viene bene devi rifare tutto e, non so come, ma questo migliora
il disegno».
Il ritorno a uno stile più classico, dopo aver
abbandonato le sperimentazioni, va anche in un certo senso incontro ai bambini.
«Sì perché a parte casi come Piccolo blu, piccolo giallo di Leo Lionni, non c’è
dubbio che per loro il figurativo è molto più interessante dell’astratto, anche
se mi rendo conto che è difficile parlare di contrapposizioni classico/moderno
senza sembrare ideologici. Anche perché ogni bambino è diverso dall’altro, lo
vedo frequentando le scuole, andando agli incontri. L’importante è non pensare
che, siccome alla Biennale di Venezia va di moda un certo tipo di opere, anche l’illustratore
debba fare lo stesso. Insomma bisogna sempre tenere presente che sono ambiti
molto diversi». Per Negrin due maestri assoluti, due classici forse
sottovalutati, sono Iela Mari e Toti Scialoja. «Mari è modernissima, nelle sue
opere c’è una cura del dettaglio che va proprio nel senso che anch’io adesso
cerco: lo sguardo bambino».
Concerto di pentole con finale poetico
Avete in famiglia qualcuno che suona tutto
quello che gli capita a tiro, dai coperchi delle pentole ai bicchieri di
cristallo, dalla pianola allo zufolo al tamburo? Così fa Romeo, (Romeo Mozartin
e la frutta canterina, di Chiara Lorenzoni, Giralangolo, e 13,50) «la cui voglia
di musica non si saziava mai». E avete per caso un vicino di casa che non ne
può più? Così non ne può più di Romeo il confinante signor Topazio (che
oltretutto aveva sempre odiato la musica), coltivatore di alberi di frutta
squisita. Tanto più che le note emesse da Romeo non sono come tutte le altre.
Finale imprevisto e poetico. Belle anche le illustrazioni di Francesca Dafne
Vignaga (premio speciale al gattino non protagonista), peccato solo che, come
spesso succede negli albi illustrati, si leggano a fatica i caratteri neri
sulle pagine a fondo scuro.
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