Quel sì all’aborto


Una tragedia che mi ha segnata

  Vorrei raccontare la mia storia per tutti i bimbi mai nati e le loro madri. Sono una mamma di 44 anni; ho due bimbi piccoli. Quando avevo 30 anni ho praticato l’aborto volontario. Non ho preso questa decisione per mancanza di mezzi economici o perché straniera; sono italiana e provengo da una famiglia come tante. La mia povertà esisteva, ma era di natura spirituale e di valori. Oggi so che quella decisione - cioè la decisione di dire no alla vita – la presi chissà quanto tempo prima, forse da bambina. La mancanza di fiducia in me stessa e carenze affettive irrisolte, in quel momento hanno messo a nudo la mia anima fragile e mi hanno fatto credere che non sarei stata capace di accogliere, accudire e crescere una creatura indifesa. Mi sono spaventata al pensiero di un bambino e ho preferito «eliminare il problema», risolvendo la questione in fretta e da sola. Non mi sono rivolta ai Cav né a nessun altro; la mia superbia e la paura mi hanno impedito di condividere i miei pensieri e di chiedere aiuto. Negli anni successivi, ho cominciato a capire il grande inganno di quei pensieri e il grave errore commesso. Eliminando il problema, in fretta, avevo ucciso anche me stessa. Ho provato un grande vuoto e poco alla volta, ma inesorabilmente, ho preso coscienza della mia disperazione, insieme ai perché. Grazie al sostegno psicologico e all’aiuto di un sacerdote, ho fatto spazio al mio vissuto e ho curato le mie ferite, che ora guardo con compassione e benevolenza. Sono stata aiutata a guardare in faccia al mio dolore e alle mie sofferenze e al rimorso indescrivibile, liberandomi dalle catene del peccato. Sono sprofondata all’inferno e forse proprio attraverso il sacrificio di questa esperienza sono riuscita a generare una nuova persona: me stessa. Ci sono voluti anni, tanti anni e ancora oggi, il pensiero di non potere
stringere la mia creatura tra le braccia a causa e per mia scelta mi addolora, ma almeno riesco a pensarlo e a pregare per lui senza stare troppo male. Oggi so di avere girato le spalle al grande amore di Dio per me e al suo progetto di vita e me ne pento. Questo pentimento non riporta in vita mio figlio - e non cambia niente del mio passato - ma riesce a farmi accettare il dolore profondo che mi accompagna e che la sua mancanza mi procura.

 Da sola non sarei riuscita a trovare la forza di andare avanti e rinascere e per questo ringrazio Dio Padre e le persone che mi ha messo sulla strada che mi hanno capito e teso la mano, senza giudicare. L’aborto non libera, uccide il bambino e la mamma; genera uno stato di malessere e un alone mortifero che si emana anche nelle persone che sono accanto inconsapevoli. La legge sull’aborto non tutela le donne; le lascia libere di farsi del male. Dio Padre misericordioso nella sua grande bontà ha saputo guardare il mio cuore, senza abbandonarmi, e ha voluto donarmi la grazia di una famiglia e due meravigliosi figli. Il mio pensiero va a tante persone tra virgolette «normali» come me, che nella loro normalità sono capaci di compiere un gesto così; quante ragazze, donne, capaci di farsi del male. La mia storia, forse, racconta che il dramma  dell’aborto volontario non riguarda soltanto situazioni estreme o di emarginazione. C’è chi rifiuta la vita perché non riesce ad accogliere e condividere prima di tutto la sua. A fidarsi della vita.
  Intorno a noi c’è tanta solitudine e disperazione, la mancanza di dialogo e amore genera anime fragili, persone infelici, comunità infelici, un mondo infelice. Ci sono tante persone di buona volontà, genitori, educatori sacerdoti e suore che sono un esempio per tutti noi, che forse non vedono le nuove povertà…di cui si nutre il male. Forse ciascuno di noi, può vedere o aiutare a vedere nello sguardo di chi gli è vicino, una richiesta di aiuto e semplicemente può provare a tendere la mano e aiutare la vita. La vita di un bambino prima di tutto. Aiutare una mamma a non abortire e aiutare una mamma cha ha abortito migliorano il nostro cuore e il cuore del mondo.

L’Eco di Bergamo, 13 Febbraio 2012, pag, 25

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