Stop ai dolci sani per le
festicciole
Paradossi
dell’educazione: insegnano a mangiare sano e poi raccomandano le merendine
industriali
di
Enza Cusmai
Il paradosso è servito. A scuola. Nell'era del
bio, del salutismo, del nutrizionismo più esasperato, cosa ti vietano per le festicciole
all’asilo o alle elementari? La buona e sana torta fatta in casa, quella con burro
(sostituito molte volte con lo yogurt che è meno grasso!) e uova fresche. Niente
festeggino, dunque? Macché, la festa si fa ma in chiave moderna. E dunque, ben vengano
le torte confezionate, i biscotti industriali, al massimo un dolce di pasticceria
(ma accompagnato dallo scontrino e dall'elenco degli ingredienti). Insomma, ben
venga in classe la merendina «seriale» di cui per anni ci hanno raccomandato di
non abusare.
Ma chi ha avuto questa bella pensata? Tante
scuole lungo tutto lo Stivale, più al Nord che al Sud. L'ultima direzione scolastica
che a aderito è quella di Pordenone. Che ha
battezzato il nuovo anno con questa novità culinaria. Le mamme milanesi potrebbero
trovare la notizia addirittura antiquata. A Milano questo divieto è stato
applicato da anni e ancora oggi i genitori se ne lamentano. Nessuno trova un senso
a questa scelta, anzi, per molti è un controsenso. E poi Milano non è l'Italia.
Al Sud, per esempio, ogni scuola fa quello che vuole, esiste la deregulation
culinaria.
Ma dove il divieto c'è, la domanda che si
fanno le mamme è sempre la stessa: «Ma come? C'è la lotta alle merendine che
fanno male e poi ci obbligano ad offrire ai nostri bambini intere torte zeppe
di conservanti e coloranti?»
La motivazione logica c'è, intendiamoci. Le Asl
e le direzioni didatti che non sono tutte ammattite. Ci sono rischi di carattere
igienico sanitario da salvaguardare. E Margherita Caroli, nutrizionista e
rappresentante dell'Onu per la lotta all'obesità infantile, li elenca
diligentemente: «Un dolce avariato può provocare salmonella, e questo è un
rischio che la scuola non può assumersi». Già, ve l'immaginate i genitori dei bambini
infettati da una torta di compleanno mangiata a scuola? Apriti cielo. Meglio evitare.
Ma ci sarebbe anche una via di mezzo per risolvere la questione. Fare le torte
senza rischi. «Vanno eliminati i tiramisù, le torte con la panna, tutte quelle
con le creme fresche - spiega – Caroli - ma andrebbero benissimo le crostate, le
ciambelle, le torte Paradiso. Tutte quelle che l'alta temperatura e il periodo di
stazionamento in forno rendono quasi sicure al 100%». Il quasi è d'obbligo per la
nutrizionista: «La sicurezza assoluta non esiste, neppure nei prodotti industriali
non facilmente deteriorabili. E poi vogliamo parlare dei rischi che a volte si corrono
nelle mense?». Meglio non pensarci e restiamo sulle torte. Caroli è contraria a
quelle confezionate. «Sono piene di conservanti soprattutto se sono farcite. Inoltre
il burro viene sostituito con gli oli vegetali non identificati. Purtroppo spesso
sono saturi, come l'olio di palma e di cocco, costano meno e fanno molto male
perché favorisco malattie cronico – degenerative». Dunque, alla fine, meglio
una bella ciambella profumata all'arancia che la torta al cioccolato farcita con
una crema zeppa di addensanti e coloranti. Perché al di là dell'aspetto salutistico,
questa è una scelta che fa perdere il senso della buona cucina e degli antichi sapori.
«I bambini si abituano a questi gusti omologati e alla fine non apprezzano i
sapori diversi - spiega l'esperta - Invece bisogna fargli scoprire nuove esperienze,
anche delle cucine casalinghe di altre famiglie». Insomma, va salvaguardata l'individualità
dell'alimentazione .Ma se questo ci viene impedito in nome
dell'iperprotezionismo sanitario, come si può festeggiare in modo alternativo?
«Io porterei un gioco in classe per farli divertire una mezz'ora tutti insieme
– propone Caroli- Così, oltre alla canonica merendina, eviterebbero di mangiarsi
anche la torta industriale».
LE MOTIVAZIONI
Le
direzioni didattiche preferiscono non correre rischi igienici e sanitari
I DUBBI
Ma
i nutrizionisti non ci stanno: «Sono più nocivi i prodotti confezionati»
Il Giornale, 8 gennaio 2012,
pag.17
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