Ortega, il sandinista anti-aborto che ha conquistato la Chiesa

Il neopresidente del Nicaragua s’ispira a Chávez ma è in ottimi rapporti con il Fmi

  Il Nicaragua ha eletto per la terza volta il presidente uscente Daniel Ortega, l’ex guerrigliero sandinista che nel 1979 sconfisse la dittatura di Somoza e che, dopo avere sbaragliato i paramilitari Contras finanziati dalla Cia, aveva già governato il Paese tra 1985 e 1990. Scontata la sua larga vittoria di ieri, già al primo turno e con il 62% dei voti. Adesso questo discusso leader che si ispira a Marx ma scende a patti con esponenti della destra ha davanti a se altri cinque anni di potere. Accusato in passato di violenza carnale da una figlia, in teoria impossibilitato a ricandidarsi dalla Costituzione - che nel suo caso non è stata applicata - il 65enne Ortega, soprattutto sul fronte internazionale, continua a essere «di sinistra». Su Gheddafi e l’intervento Nato in Libia, ad esempio, ha tenuto la stessa posizione di Fidel Castro. Per motivi ideologici, ma forse anche perché uno dei suoi principali consiglieri è Mohamed Lashtar, 51enne cugino del Colonnello. Per anni Mohamed ha curato i flussi di denaro tra Tripoli e Managua. E domenica è stato eletto in Parlamento.

Stessa posizione intransigente al limite dell’antisemitismo sulla questione palestinese-israeliana, favorita forse dall’amicizia con il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, mentre qualche mese fa Daniel aveva addirittura proposto un referendum per chiedere danni milionari a Washington sull’annosa vicenda dei Contras, rispolverando la condanna del 1984 contro gli Usa della Corte Internazionale di Giustizia. Poi, dopo avere chiuso le alleanze anche a destra, naturalmente non ne ha fatto più nulla perché, ciò che più colpisce di Ortega, è proprio il suo pragmatismo.
  Sandinista sì ma in rottura con quasi tutti i fondatori originari del «Frente», il presidente riconfermato mantiene rapporti buoni sia con il Fondo Monetario Internazionale sia con Taiwan, la bestia nera  dell’emergente Cina, che ha aperto al mercato ma resta pur sempre comunista. Di certo il trionfo di Ortega è stato favorito dai due miliardi di dollari che il presidente Chávez ha fatto scivolare nelle sue tasche - qualcosa come il 7,6% del Pil del Nicaragua, dove il 78% della popolazione vive con due dollari al giorno - tra il 2007 e oggi, ovvero durante la sua ultima presidenza. Il timore di una sua sconfitta e della chiusura del rubinetto venezuelano ha influito certamente molto sugli elettori, beneficiati dai progetti assistenziali di Ortega, comprese le vacche che il suo governo ha donato, a centinaia, ai poverissimi contadini nicaraguensi.
  Il pragmatismo Ortega l’ha dimostrato però soprattutto sul fronte interno, dove ha fatto alleare il «suo» Frente sandinista con chiunque fosse disposto a governare con lui, a prescindere dall’ideologia. Dai gruppi dissidenti liberali ai conservatori, passando per un partito democristiano e uno evangelico, persino una frazione dei suoi nemici per eccellenza, i Contras, alla fine l’hanno appoggiato.
L’altro elemento decisivo per la sua riconferma è stato l’alleanza con la Chiesa cattolica locale, come ha confermato a poche ore dal voto l’appello fatto durante una messa dal Cardinale Miguel Obando a tutti i fedeli perché votassero a favore del candidato «antiabortista», ovvero Ortega. Il Nicaragua del sandinista Ortega oggi è il Paese con le leggi antiabortiste più dure del mondo, con pene che arrivano fino a sei anni di carcere per le donne che interrompono la gravidanza e otto per i medici che le assistono. E l’aborto  terapeutico nei casi di rischio di morte della madre, una pratica comune nel 98 per cento dei Paesi membri delle Nazioni Unite, nel Nicaragua governato dall’ex guerrigliero sandinista è vietato.

La Stampa, 8 novembre 2011, pag.21

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