Fino a 3 anni il sistema visivo risulta “plastico” e
le terapie funzionano meglio
Controlli, visite e consigli degli specialisti
di Anna Maria Messa
Il primo controllo dello specialista degli
occhi è alla nascita. Poi a uno e a tre anni, fasce d’età in cui spesso sorgono
patologie che non danno sintomi iniziali ma possono danneggiare la vista e
invece, diagnosticate e trattate precocemente, si risolvono perché il sistema visivo
è ancora “plastico”, reagisce cioè correttamente alle terapie. Da parte loro i
genitori devono far caso se il bimbo segue con lo sguardo gli oggetti colorati,
le luci, senza fastidi o lacrimazione, accorgersi (anche guardando una foto) se
c’è un riflesso bianco sulla pupilla del bambino: può trattarsi di cataratta
congenita, di malattia della retina o del nervo ottico. A tre anni il bimbo ancora
non legge e scrive ma si può lo stesso diagnosticare (al posto delle lettere si
usano pannelli con disegni di fiori, case, animaletti) un’eventuale miopia (vedere
male da lontano), astigmatismo (visione sfocata o sdoppiata a tutte le
distanze), ipermetropia (visione da vicino), strabismo (andrebbe corretto
subito entro i 3 anni) o ambliopia, il cosiddetto “occhio pigro” (va corretto tra
i 6 mesi e i 3 anni. Uno dei due occhi non manda sulla retina l’immagine ben a
fuoco, il cervello tende
a scartare quella di qualità scadente, si avvale solo
di quella inviata dall’occhio sano e il bambino si disabitua a usare l’altro occhio).
«Da evitare ogni eccesso di tv, videogames,
computer. Costringono gli occhi a un’accomodazione (messa a fuoco da lontano e da
vicino) di troppe ore e non va bene», raccomanda Emilio Balestrazzi, direttore
oculistica, università Cattolica di Roma. Alla prima elementare altra visita oculistica
di rigore. «Il non vedere correttamente rallenta l’apprendimento perché il
bambino diventa svogliato, distratto, e può anche accusare ansia e stress. Se si
rileva qualche problema la visita va rifatta ogni anno, altrimenti ogni due,
tre», sottolinea Balestrazzi. La difficoltà nel vedere induce anche a posture
scorrette. «Il bambino miope tende a ingobbirsi perché si avvicina molto al
testo, l’astigmatico tende a stare storto rispetto al libro o, al contrario, tiene
il libro o il quaderno storti, l’ipermetrope si affatica molto durante la
lettura perché la visione gli si annebbia e deve staccarsi spesso dal libro.
Sono atteggiamenti “spia” che già da soli segnalano che c’è un problema visivo
da risolvere», avverte Francesco Loperfido, Responsabile Oftalmologia generale,
San Raffaele, Milano, consulente della Cdv, Commissione Difesa Vista.
Conta pure l’illuminazione: «No al neon come
luce centrale nella stanza, sì a luce alogena sulla scrivania», precisa
Balestrazzi. Già da piccini, alle prese con i primi scarabocchi, i bimbi spesso
si mettono con la testa ruotata e quasi sul foglio per vedere bene quel che
disegnano. «La colpa è del modo di impugnare penna o matita», avvisa Luigi
Seclì, Ottica-Optometria, università di Lecce. L’impugnatura giusta, con
indice, medio e pollice, a 2-3 cm dalla punta, aiuta a prevenire danni oculari
e posturali. Utili in tal caso i matitoni triangolari. Altri consigli: «Si deve
leggere da seduti e mai sdraiati sul letto o sul divano (libro troppo vicino),
né con la sola lampada della scrivania o del letto. La distanza giusta degli occhi
dal foglio va dal gomito alla seconda falange del dito medio».
la Repubblica, 27 settembre 2011,
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