Famiglia Ma gli esperti si dividono. Sì se in un parco
«Sospesi penzoloni: voi ci stareste?»
di Elvira Serra
Non bastavano le solite ansie: piange perché ha fame, perché ha sonno o perché un batterio killer lo sta divorando? Alle paturnie di ogni neogenitore si aggiunge l’accusa di Catherine Fowler, professoressa all’Università di Sydney, che senza alcuna pietà dice: chi porta il figlio nel marsupio o in carrozzina lasciandogli la faccia rivolta verso l’esterno è crudele ed egoista. Le parole esatte, riportate dall’inglese Daily Mail, sono: «Immaginate di stare appesi senza alcun controllo, con gambe e braccia penzoloni, dentro un centro commerciale: terrificante. Quando non teniamo in considerazione la prospettiva del bambino, diventiamo crudeli nei suoi confronti». Secondo la Fowler, sottoporre il piccolo a una tale mole di sollecitazioni esterne, andrebbe rimandato a dopo il compimento del primo anno.
Approccio «talebano»? Niente affatto. «Fino agli otto-nove mesi il figlio deve potersi confrontare in ogni momento con lo sguardo rassicurante della madre o del padre. Dopo, può avere senso esporlo in ambienti protetti, magari in campagna. Ma lo escludo categoricamente nelle grandi città, nei centri commerciali e sotto Natale», replica Alessandra Beltrame, «doula» di professione, cioè colei che affianca le puerpere nello spinoso viaggio della maternità. Due maschi di cinque anni e di
dieci mesi, Tommaso e Leone, il primogenito è l’ispiratore del Mhug, la fascia porta bebè alternativa al marsupio inventata da Alessandra.
La psicomotricista Monica Se sana, però, spiega che se fino a tre mesi la postura migliore per il neonato è quella rivolta verso il genitore, perché è passato troppo poco tempo dalla fase intrauterina dove ogni suono arriva attutito e perché muscoli e collo sono debolissimi e devono potersi appoggiare comodamente al petto dell’adulto, verso i quattro mesi la curiosità va assecondata. E precisa: «Naturalmente vale la regola del buon senso. Se piange, c’è qualcosa che non va. Se dorme, meglio voltarlo verso di sé. Comunque imarsupi di ultima generazione sono fatti in modo tale da poter essere usati in entrambi i lati».
Il tema è tutt’altro che risibile, soprattutto perché di norma un figlio nasce senza libretto di istruzioni e ogni padre e madre deve imparare qual è la cosa più adatta al suo erede a suon di ripetuti (psico)drammi. Conclude Francesca Neri Bertolini, direttrice della Clinica neuropsichiatrica infantile dell’Azienda ospedaliera San Gerardo - Bicocca: «Donald Winnicott insiste sulla funzione materna, intesa come ruolo, non come sesso: ebbene una madre (o un padre, ndr) deve capire empaticamente di cosa ha bisogno il bambino. Marsupio sì o no? C’è un tempo per tenere il neonato a contatto con il seno materno, perché ha bisogno di quella fisicità. Ma c’è un tempo, che ragionevolmente può coincidere con lo svezzamento, in cui il bambino è pronto ad aprirsi al mondo esterno e sarà ancora una volta la madre (o il padre, ndr) a introdurre il figlio e a fargli da scudo».
La fascia
1 - È considerata ideale nei primi tre mesi di vita, quando il bambino è più fragile e in questo modo si adagia vicino al cuore del genitore e ne è rassicurato in ogni istante
Verso l’esterno
2 - Secondo alcuni si può esporre il figlio verso l’esterno a partire dallo svezzamento. Il bambino, spinto alla curiosità, assimila la realtà che lo circonda e si distrae guardando ogni cosa per lui nuova.
Verso l’interno
2 - Per altri esperti solo dopo un anno di età si può voltare il bambino, prima sarebbe solo fonte di stress. È meglio tenerlo «a portata di sguardo», facendolo sentire al sicuro
Corriere della Sera, 23 agosto 2011, pag.27
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