A piedi scalzi su sabbia

 E prati ma non a casa

 
  Camminare scalzi fa bene al piede e previene disturbi di appoggio e della postura. Questo si legge su internet, sui forum dedicati e anche sulla stampa. Tutto vero e falso allo stesso tempo. Il piede è sia organo di propulsione meccanica che di senso. Agisce come leva che spinge e come la mano quando afferra un oggetto nuovo: prima di stringerlo compie un lavoro di esplorazione e ricerca. Durante questa fase iniziale di appoggio a terra, il piede si rilassa, si spiana e aderisce al terreno. Un tempo di pochi centesimi di secondo
in cui la superficie plantare raccoglie informazioni sulla natura dell’appoggio, sulla sua consistenza e stabilità. Una frazione di secondo dopo il piede si irrigidisce, tutti i muscoli si tendono e l’estremità diventa uno strumento che, facendo leva sul terreno, proietta il corpo in avanti. Le informazioni trasmesse al cervello dal piede permettono di accomodare la postura del corpo per compiere il passo con la migliore precisione ed efficacia. Si tratta di accomodamenti automatici che coinvolgono tutte le articolazioni e i muscoli dell’arto inferiore, del bacino e della colonna vertebrale. 


  Questo spiega perché camminare a piedi scalzi viene considerato benefico per la salute
del piede e di tutta la postura. Specie se su superfici incoerenti e informative come sabbia, terreno smosso e prato. Viene invece considerata poco utile allo sviluppo di circuiti neuronali e della attività propriocettiva la superficie sempre uguale del pavimento di casa, del cemento e dell’asfalto. Le scarpe inoltre, poiché isolano il piede dall’ambiente e quindi inibiscono la sua attività di organo di senso, sono giudicate dai salutisti e negativamente. Fino a gli eccessi di quei podisti che corrono per 10, 21 e 42 km scalzi. Questi atleti rifiutano l’uso delle scarpe, sebbene quelle da corsa siano frutto di una ricerca scientifica rigorosa, perché ritengono che scalzi sia loro assicurata la salute di piede e colonna vertebrale contro gli infortuni sportivi.

  Tutto vero,ma anche tutto falso. Chi ha piede piatto o cavo, o sovraccarichi sui metatarsi, necessita di plantari per compensare questi difetti che richiedono l’uso di scarpe. Non solo: gli aborigeni australiani, e in particolare le donne, hanno la più alta incidenza di alluce valgo e piede piatto al mondo e sono scalzi per tutta la vita. Si tratta infatti di patologie determinate geneticamente e le calzature non hanno nessun ruolo nella genesi di queste deformità, neanche se hanno tacco alto e punta stretta (per la gioia delle donne che stanno leggendo). Il tacco alto semmai porta o aggrava patologie e dolori dei metatarsi per relazione matematica tra altezza del tacco e trasferimento del carico:ogni centimetro di tacco trasferisce dal tallone all’avampiede il 6%del peso corporeo.

  Ma c’è del vero nel “camminare scalzi fa bene”: i bambini che hanno camminato molto a piedi nudi saranno adulti con migliori circuiti neuronali propriocettivi, più coordinati e capaci nelle attività sportive e motorie in genere. Bisogna però iniziare presto: lasciandoli carponare quando ancora non riescono a camminare. Si è accertato, difatti, che il corpo calloso (il ponte tra i due emisferi cerebrali) contiene più connessioni nei bambini che hanno prolungato il carponamento. Saranno più abili e veloci a trasferire un movimento appreso con un arto a quello contro laterale e a coordinare meglio il movimento anche tra un arto inferiore e quello superiore contro laterale come è richiesto ad esempio per camminare e correre o per arrampicarsi. Conquistata la stazione eretta e la marcia bipede, le scarpe servono per motivi sociali, climatici, a prevenire i traumi e praticare la maggior parte degli sport: non vanno demonizzate. Si può liberarsene se clima e suolo lo consentono, per il benessere di piede e postura, ma anche della mente, passeggiando scalzi su un prato o sulla sabbia, al mare.


la Repubblica, 14 luglio 2015, pag, 37

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