Ma
è proprio vero che una punizione è sempre, ma proprio sempre, un
metodo educativo del tutto inefficace? E se la risposta è sì,
avrebbe qualche suggerimento da darmi e da poter mettere in pratica
quando un bambino oltrepassa i limiti e un genitore perde la
pazienza? La mia bambina, che ha due anni e mezzo, non accetta
assolutamente alcun rimprovero; addirittura, se alzo la voce e cerco
di impormi, finisce col vomitare. Un paio di volte ho fatto ricorso a
delle punizioni e il sistema, qualsiasi cosa se ne dica e se ne
pensi, mi è sembrato decisamente efficace. Ma adesso non so più che
cosa pensare. E mi sento anche un po’ in colpa.
Risponde
Anna
Rezzara,
professore di Pedagogia, Facoltà di Scienze della Formazione,
Università Bicocca, Milano
Se
per punizione intendiamo tutti quei modi di reagire ai
comportamenti scorretti che vanno dalla punizione fisica (le botte,
ma anche il costringere in una posizione o in uno spazio obbligati),
al togliere qualcosa di piacevole (gioco, compagnia, uscite, cibo,
intrattenimenti), e a tutte le forme di obblighi, di restrizioni che
fanno sperimentare ai bambini, oltre che la disapprovazione dei
genitori, la mortificazione personale e la perdita di qualche
libertà, confermo che questi mezzi non sono efficaci. Non perché
non ottengano magari qualche effetto immediato, ma perché non
contribuiscono a rendere il bambino più consapevole e responsabile
del suo comportamento, non lo fanno crescere, non lo educano, e anzi
rischiano di far crescere nei bambini sentimenti ed emozioni
negative, voglia di ribellione e di conflitto, persino futuri
atteggiamenti aggressivi o violenti.
Può
darsi che un regime di punizioni allontani temporaneamente il
bambino da certi comportamenti indesiderati, ma solo per la paura
delle punizioni e non perché la punizione in sé abbia effetti
benefici sulla capacità del bambino stesso di controllare il suo
comportamento, di capire che cosa è bene e che cosa è male, di
rispettare le regole e di produrre comportamenti adeguati. Insomma,
il bambino impara a evitare le punizioni, non a comportarsi bene; è
un apprendimento in negativo, più rischioso che utile rispetto agli
obiettivi educativi.
Diverso
è se parliamo della necessità che i genitori diano sempre e
subito riscontro ai comportamenti dei figli: rimarcare i
comportamenti scorretti, parlare con i figli in modo adeguato all’età
di quello che hanno fatto e dei motivi per cui non va bene, esprimere
un giudizio non su di loro come persone ma sul comportamento che
hanno avuto, mostrarne gli effetti e le conseguenze, comunicare poche
chiare regole di comportamento valide sempre, segnalare gli spazi ma
anche i confini precisi della loro libertà di agire: tutto ciò
aiuta il bambino ad apprendere regole e criteri di comportamento e fa
crescere consapevolezza di sé e autonomia.
I
bambini, specie quando trasgrediscono le regole, si aspettano le
reazioni dei genitori e le osservano: ecco perché è importante dare
loro un riscontro, sempre e subito, che li rassicuri dell’attenzione
del genitore, che li aiuti a pensare al loro comportamento e li
orienti a scegliere modi corretti e adeguati alle attese del genitore
e del mondo esterno. Il tono fermo, pacato, ma deciso nel rimprovero,
il mantenere il controllo della situazione , il non accettare di
entrare in un corpo a corpo con i capricci o le ribellioni di sua
figlia, sono i suggerimenti più utili. E non dimentichi l’importanza
dei riconoscimenti positivi, di lodare ed elogiare i bambini per le
loro espressioni buone e corrette; è naturale e istintivo
intervenire per rimproverare, sgridare, ma in realtà sappiamo che la
scelta vincente è quella di educare in positivo, sottolineando e
valorizzando le conquiste del bambino, i comportamenti adeguati, il
rispetto delle regole, non mancando di fargli sentire anche con i
gesti, la nostra attenzione, il nostro affetto e la nostra fiducia.
Corriere
Della Sera, 26 novembre 2013, pag,
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