Lo
studio pubblicato su PlosOne dimostra che i bambini piccoli hanno
memoria di un evento stressante anche dopo due settimane
di
Redazione Salute Online
E ormai riconosciuta la capacità anche i bambini molto piccoli, di ricordare oggetti o azioni. Si sa molto poco, invece, della loro memoria di eventi sociali ed emozioni. Per esempio, fin dai primi giorni di vita i bambini sono sottoposti a molti piccoli stress di natura socio-emozionale, come quando attendono che l l'adulto soddisfi i loro bisogni. Ebbene, di tale stress rimane traccia nella loro memoria? Un gruppo di ricerca
dell'IRCCS Medea - La Nostra Famiglia, in collaborazione con l'Arvard Medical School di Boston, ha studiato la capacità nei bambini di quattro mesi di ricordare eventi sociali utilizzando una procedura che pone il piccolo in una situazione moderatamente stressante, il paradigma Face-to-Face Still-Face (FFSF). I risultati sono stati appena pubblicati sulla rivista americanaPlosOne.
La procedura FFSF coinvolge la coppia madre-bambino in un’interazione
viso-a-viso nel corso della quale la madre è istruita a sospendere
momentaneamente la comunicazione, guardando suo figlio senza parlare
o toccarlo e mantenendo un’espressione neutra del volto. Un numero
elevato di studi ha dimostrato che questa condizione produce una
tipica reazione nel bambino (definita come “effetto still-face”)
caratterizzata da una riduzione del coinvolgimento sociale positivo e
un concomitante incremento del coinvolgimento negativo (agitazione,
richiesta di essere preso in braccio, pianto) e di comportamenti
auto-regolatori (ad esempio, la comparsa della suzione
non-nutritiva). Nel corso della sospensione comunicativa con la madre
i bambini manifestano inoltre segni fisiologici di stress, come
l’attivazione della asse ipotalamo-ipofisi-cortico-surrene che
controlla i livelli di cortisolo (noto come ormone dello stress).
L'esperimento
- Per valutare i processi di memoria infantile, le coppie
madre-bambino partecipanti allo studio sono state suddivise in due
gruppi: un gruppo sperimentale, costituito da diadi che hanno
effettuato due sessioni di FFSF (la prima a 4 mesi e la seconda dopo
15 giorni), e un gruppo di controllo, le cui diadi hanno partecipato
ad un’unica sessione corrispondente all’età di 4 mesi e 15
giorni e che non erano state precedentemente esposte al FFSF. Il
disegno sperimentale ha permesso di valutare se i comportamenti e la
reattività fisiologica dei bambini alla prima esposizione (rilevata
attraverso i livelli di cortisolo post-stress misurati in modo non
invasivo utilizzando la saliva del piccolo), cambiavano nella seconda
esposizione a distanza di due settimane. Ebbene, dopo la seconda
esposizione allo stress sociale rispetto alla prima, i bambini del
gruppo sperimentale non mostravano differenze sostanziali nei
comportamenti ma presentavano una modificazione significativa nella
risposta ormonale, a seconda di specifiche differenze individuali. In
particolare, per un sottogruppo di bambini la concentrazione di
cortisolo risultava dimezzata, per un altro sottogruppo era invece
quasi raddoppiata. Il dato indica che per il primo sottogruppo la
seconda esposizione era stata meno stressante, mentre per il secondo
era stata fonte di un disagio ancora maggiore. In entrambi i casi,
comunque, le variazioni di cortisolo dimostravano che i bambini
avevano tenuto traccia dell’esperienza precedente.
I
risultati - «Questi risultati confermano che già a quattro mesi
di vita i bambini hanno memoria di un evento stressante anche a
distanza di due settimane e che questo ricordo si manifesta sul piano
fisiologico invece che su quello comportamentale - afferma il
responsabile del team di ricerca Rosario Montirosso –: sembra
plausibile che i bambini abbiano memorizzato il disagio sperimentato
la prima volta, in risposta all’interruzione della comunicazione
materna, sotto forma di una conoscenza somatica. La cosa più
sorprendente è stato tuttavia rilevare che, anche a questa età, il
ricordo di un’esperienza emotivamente stressante perdura per un
tempo così lungo».
Corriere
della sera, 13 dicembre 2013, pag, 27
Lo
studio pubblicato su PlosOne dimostra che i bambini piccoli hanno
memoria di un evento stressante anche dopo due settimane
di
Redazione Salute Online
E
ormai riconosciuta la capacità anche i bambini molto piccoli, di
ricordare oggetti o azioni. Si sa molto poco, invece, della loro
memoria di eventi sociali ed emozioni. Per esempio, fin dai primi
giorni di vita i bambini sono sottoposti a molti piccoli stress di
natura socio-emozionale, come quando attendono che l l'adulto
soddisfi i loro bisogni. Ebbene, di tale stress rimane traccia nella
loro memoria? Un gruppo di ricerca dell'IRCCS Medea - La Nostra
Famiglia, in collaborazione con l'Arvard Medical School di Boston, ha
studiato la capacità nei bambini di quattro mesi di ricordare eventi
sociali utilizzando una procedura che pone il piccolo in una
situazione moderatamente stressante, il paradigma Face-to-Face
Still-Face (FFSF). I risultati sono stati appena pubblicati sulla
rivista americanaPlosOne.
La procedura FFSF coinvolge la coppia madre-bambino in un’interazione
viso-a-viso nel corso della quale la madre è istruita a sospendere
momentaneamente la comunicazione, guardando suo figlio senza parlare
o toccarlo e mantenendo un’espressione neutra del volto. Un numero
elevato di studi ha dimostrato che questa condizione produce una
tipica reazione nel bambino (definita come “effetto still-face”)
caratterizzata da una riduzione del coinvolgimento sociale positivo e
un concomitante incremento del coinvolgimento negativo (agitazione,
richiesta di essere preso in braccio, pianto) e di comportamenti
auto-regolatori (ad esempio, la comparsa della suzione
non-nutritiva). Nel corso della sospensione comunicativa con la madre
i bambini manifestano inoltre segni fisiologici di stress, come
l’attivazione della asse ipotalamo-ipofisi-cortico-surrene che
controlla i livelli di cortisolo (noto come ormone dello stress).
L'esperimento
- Per valutare i processi di memoria infantile, le coppie
madre-bambino partecipanti allo studio sono state suddivise in due
gruppi: un gruppo sperimentale, costituito da diadi che hanno
effettuato due sessioni di FFSF (la prima a 4 mesi e la seconda dopo
15 giorni), e un gruppo di controllo, le cui diadi hanno partecipato
ad un’unica sessione corrispondente all’età di 4 mesi e 15
giorni e che non erano state precedentemente esposte al FFSF. Il
disegno sperimentale ha permesso di valutare se i comportamenti e la
reattività fisiologica dei bambini alla prima esposizione (rilevata
attraverso i livelli di cortisolo post-stress misurati in modo non
invasivo utilizzando la saliva del piccolo), cambiavano nella seconda
esposizione a distanza di due settimane. Ebbene, dopo la seconda
esposizione allo stress sociale rispetto alla prima, i bambini del
gruppo sperimentale non mostravano differenze sostanziali nei
comportamenti ma presentavano una modificazione significativa nella
risposta ormonale, a seconda di specifiche differenze individuali. In
particolare, per un sottogruppo di bambini la concentrazione di
cortisolo risultava dimezzata, per un altro sottogruppo era invece
quasi raddoppiata. Il dato indica che per il primo sottogruppo la
seconda esposizione era stata meno stressante, mentre per il secondo
era stata fonte di un disagio ancora maggiore. In entrambi i casi,
comunque, le variazioni di cortisolo dimostravano che i bambini
avevano tenuto traccia dell’esperienza precedente.
I
risultati - «Questi risultati confermano che già a quattro mesi
di vita i bambini hanno memoria di un evento stressante anche a
distanza di due settimane e che questo ricordo si manifesta sul piano
fisiologico invece che su quello comportamentale - afferma il
responsabile del team di ricerca Rosario Montirosso –: sembra
plausibile che i bambini abbiano memorizzato il disagio sperimentato
la prima volta, in risposta all’interruzione della comunicazione
materna, sotto forma di una conoscenza somatica. La cosa più
sorprendente è stato tuttavia rilevare che, anche a questa età, il
ricordo di un’esperienza emotivamente stressante perdura per un
tempo così lungo».
Corriere
della sera, 13 dicembre 2013, pag, 27
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