Quei piccoli ometti blu con il cuore rosso e nero


Un pamphlet del francese Buéno analizza le derive totalitarie della società creata da Peyo: antindividualista, razzista e misogina, dominata dal dittatore Grande  Puffo

di Miska Ruggeri

  «Noi puffi siam così...», cantava Cristina D’Avena all’inizio degli anni Ottanta. Ma «così» come? Perché sugli ometti blu creati nel 1958 dal fumettista belga Peyo (Pierre Culliford, 1928-1992), un moderato che votava per il Partito Liberale e in fondo della politica se ne fregava, ne hanno dette di tutti i colori: sono membri del Ku Klux Klan, sono massoni, sono hippies, sono gay, sono i cristiani delle origini, sono una classe di scolari... Ma nessuna tesi ha creato più polemiche e reazioni di quella, «la società dei puffi è un archetipo di utopia totalitaria di stampo stalinista e nazista», formulata l’anno scorso dal giornalista e accademico francese  Antoine Buéno.

  Anche perché le pezze d’appoggio, pur nella paradossalità dell’interpretazione, non mancavano. Ora il suo fortunato pamphlet di fantapolitica Le petit livre bleu arriva in Italia col titolo  Il libro nero dei puffi. La società dei puffi tra stalinismo e nazismo (Mimesis, pp. 146, euro 12, a cura di Ilaria Gremizzi e con una postfazione di Roberto Revello) e la discussione rischia di riaccendersi.

  È ovvio che il libello, presentato del resto dallo stesso autore come un’analisi e non un’accusa, va preso come un divertissement e un pezzo di bravura ermeneutica nello «scavo» dei 17 grandi libri illustrati pubblicati da Peyo
tra il 1963 e il 1992 e dei 12 postumi curati dal figlio Thierry (molto più condizionati dal  politically correct, come pure il cartone animato). Epperò bisogna ammettere che spunti interessanti emergono quasi in ogni pagina.

  Innanzitutto, gli schtroumpfs (questo il nome originale, che in inglese si trasforma in smurfs e in spagnolo in  pitufos), nanetti dei boschi dalla testa tonda ed enorme coperta da un berretto (frigio) bianco, tutti identici, erbivori e centenari, misantropi e privi di storia, dalla sessualità misteriosa e comunque puritana, vivono nell’autarchia e in collettività. E sono, con l’eccezione di Quattrocchi, felici. Chiaramente, siamo davanti a un’utopia, tanto più che il loro paese è «un luogo che non si trova in nessun luogo».

  Utopia totalitaria, comunista e insieme nazista, sostiene Buéno con abbondanza di prove. Tra loro, infatti, privi di ogni senso della proprietà, il commercio e il denaro (demonizzato) non esistono: applicano il principio marxista «da ognuno secondo le proprie capacità, a ognuno secondo i propri bisogni», ma alla fine sgobbano come forzati per la manutenzione della diga (lavoro simboleggiato dal martello) e la raccolta delle provviste (ecco la falce) senza rendersene conto. Alle direttive del Grande Puffo, l’unico vestito di rosso, concepito sul modello di Stalin (mentre Quattrocchi è Trotzky), onnipotente, onnisciente e quindi insostituibile. Del resto, nulla cambia nel loro mondo e le avventure, causate sempre da uno sconvolgimento indesiderato e ideate soprattutto per celebrare il predominio della comunità sull’individuo, finiscono puntualmente nel ritorno allo status quo ante. Il male, inoltre, è rappresentato da Gargamella, dai tratti propri dell’ebreo della propaganda antisemita (e il suo gatto nella versione originale si chiama Azraël, mica Birba...), incarnazione del capitalismo con il suo chiodo fisso di trasformare il vile metallo in oro. Insomma, nel villaggio dei puffi, tra assenza di Dio e di incantesimi sovrannaturali, grandi opere, kol - choz e gulag (nessuno può evadere: i puffi sono sempre 100), come già denunciava l’America maccartista, sembra di stare in Urss...

  E il nazismo? Tranquilli, per Buéno c’è anche quello. Visto che la prima minaccia affrontata dai puffi (I Puffi neri, il solo volume mai tradotto in inglese) è di ordine razziale con un’epidemia che li rende neri, stupidi, saltellanti e cannibali; e che Puffetta, concepita bruna da Gargamella, ha bisogno di un’operazione di «chirurgia puffosa» per diventare bionda e bella agli occhi dei puffi. Anche se, in quanto donna, resta una creatura del male, svampita, capricciosa e manipolatrice, neanche buona a cucinare (ci pensa il puffo cuoco), tutt’al più a lavare i piatti.

.COLLETTIVISMO IN STILE URSS

 I puffi in versione comunista. Sul web sono numerose le rielaborazioni grafiche che mettono in rilievo l’ideologia dei personaggi creati da Peyo. A destra, la copertina del volume di Antoine Buéno.

Libero, 16 ottobre 2012, pag, 29



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