Così noi (privati) aiutiamo le «banche del cordone» pubbliche


In Francia Da un’esperienza di malattia e dall’impegno di una fondazione è nata una rete efficiente al servizio della comunità

di Ruggiero Corcella

  Waffles. O meglio, gaufres. Perché così si chiamano qui a Parigi. E poi cellule staminali da sangue di cordone ombelicale. Sono le due grandi passioni di Gregory Katz, un brillante quarantunenne con un dottorato in filosofia e in farmacia, professore incaricato di Innovazione terapeutica alla prestigiosa Essec Business School e direttore della Fondazione Générale de Santé, il più grande gruppo di ospedalità privata in Francia con 106 fra cliniche e ospedali. Ogni domenica mattina, Gregory prepara le gaufres con un vero e proprio rituale nella cucina di casa assieme alla moglie Sophie. Le staminali cordonali, invece, sono diventate la sua salvezza e la sua missione. Al terzo piano di un palazzo in Avenue d’Iéna, sede di Générale de Santé, a un tiro di schioppo dall’Arco di Trionfo, il professor Katz, in compagnia di Antonino Ligresti, a capo della società, e di Filippo Monteleone, direttore generale delegato, racconta la vicenda personale che ha segnato la sua esistenza e ha fatto incrociare le loro strade.

  Dall’esperienza della malattia, è nata in lui la spinta ad impegnarsi per diffondere il più possibile la raccolta di quel sangue cordonale che oggi è diventato una terapia salva-vita diffusa. L’incontro con Générale de Santé, poi, ha consentito la realizzazione della Fondazione e quindi di un progetto non profit di partnership privato-pubblico in grado di raddoppiare le scorte di staminali cordonali in Francia e di contrastare la politica sempre più aggressiva delle banche private di cordone ombelicale (vietate dalla legislazione transalpina) che ci vedono una grossa opportunità di affari. «Quando hai di fronte due opzioni, fare soldi o essere utile alla comunità, la prima è sempre molto allettante — spiega Katz —. Tutti si aspettavano che Générale de Santé avrebbe optato per i soldi e invece abbiamo scelto l’opposto. È stato molto
sorprendente, per un’azienda di ospedalità privata. Vogliamo aiutare la comunità francese gratuitamente e diventare un esempio per altri Paesi, dimostrando che l’iniziativa filantropica può fare da guida anche in questo settore».

   Dobbiamo fare un salto indietro nel tempo, fino al 1998. A Gregory, avviato a una brillante carriera e in procinto di sposarsi, viene diagnosticata una leucemia linfoblastica acuta (a cellule T). «Avevo 27 anni e improvvisamente ho scoperto che dovevo morire. Quel tipo di leucemia è molto raro e allora non c’era nessuna cura. Ematologi e oncologi mi davano pochissime probabilità di sopravvivenza. Allora ho cominciato un trattamento molto lungo. Ho fatto una ventina di cicli di chemioterapia, in sei anni. È stata una cura molto dolorosa, che peraltro non era mirata al mio tipo di leucemia. Non potevo neppure sperare nel trapianto di midollo osseo: mio fratello non era compatibile e non si trovava un donatore idoneo nel registro pubblico mondiale. Mi sono sentito molto solo. Ho perso i mei migliori amici e la mia ragazza. Per gli altri "puzzavo" letteralmente di cadavere. Nessuno voleva chiamarmi, per paura che fossi morto».

  Con grande sorpresa dei medici stessi, nel 2004 Gregory guarisce con la sola chemio. E decide di tornare da Eliane Gluckman, allora direttrice del Dipartimento di Ematologia e trapianti di midollo osseo all’ospedale Saint Louis di Parigi, la prima al mondo ad aver utilizzato nel 1988 cellule staminali cordonali per curare un paziente affetto da aplasia midollare. Nel 2002, si era rivolto a lei per un consulto e le aveva promesso che se fosse sopravvissuto le avrebbe fatto una proposta. «Forse è stato un segno del destino che mi fossi interessato agli studi sulle staminali da cordone ombelicale, già prima della malattia. Sono andato da lei con un’idea precisa. Promuovere la nascita di una rete di banche pubbliche per la raccolta di cellule da cordone ombelicale e le ho chiesto di sostenerlo».

  Eliane Gluckman accetta. «Con lei ho creato il consorzio Eurocord, una piattaforma che indaga sui risultati clinici dei trapianti da cordone ombelicale in 34 Paesi del mondo. Ho raccolto fondi per riavviare la banca del cordone all’ospedale Saint Louis, ricevendo l’incoraggiamento di tutti. Ma alla fine mi sono ritrovato solo. L’Aphp (Assistance Publique — Hôpitaux de Paris), il più grande polo ospedaliero universitario d’Europa di cui fa parte anche il Saint Louis, ha rifiutato i soldi perché arrivavano da un canale privato». 

  Nei cinque anni successivi, Gregory continua a tormentarsi cercando una soluzione per il suo progetto. L’idea giusta arriva dalla moglie Sophie: aumentare la raccolta di cordoni ombelicali. Serve dunque un partner con una rete affidabile di reparti di maternità. Su Internet Gregory trova Générale de Santé. Chiede un colloquio di 5 minuti a Monteleone e gli propone il progetto della Fondazione. Monteleone e Ligresti danno il via libera e nel 2007 l’iniziativa può partire. La Fondazione firma poi un accordo con la banca nazionale del sangue (l’Efs, Etablissement Français du Sang), e con Aphp, fornendo informazione e formazione per la raccolta di sangue cordonale non solo nelle maternità del gruppo privato ma anche in quelle pubbliche che lo chiedano. «Oggi forniamo il 22% della produzione nazionale di sangue cordonale, — dice Gregory — pari a un sesto del totale delle unità di sangue di cordone ombelicale idonee per la conservazione. Dalle appena sei maternità per tre banche su tutto il Paese, si è riusciti a passare a nove banche per 37 maternità». Il sogno di Gregory si sta avverando: «Ho calcolato che le mie cure sono costate 1,5 milioni di euro, pagati da tutti i francesi perché restassi vivo. Ho ricevuto molto e ho un debito morale con la collettività».

Corriere della Sera, 14 ottobre 2012, pag, 52

Nessun commento:

Posta un commento