Uno studio del Politecnico: sotto accusa gli interventi
di episiotomia
Un’incidenza del 4 per cento
Il 4% delle partorienti
sottoposte a episiotomia (il taglio effettuato nella zona perianale per evitare
lacerazioni) denuncia problemi di incontinenza a distanza di qualche anno. Sono
sottoposte a episiotomia 4 partorienti su 10 (cesarei esclusi)
di Elisabetta Graziani
Per dirla con De Andrè, «femmine un giorno e
poi madri per sempre». Ma il parto, oltre a trasformare una donna, può anche
causare cambiamenti non desiderati.
Dal quindicesimo rapporto annuale del
Laboratorio di Ingegneria del sistema neuromuscolare (LISiN) del Politecnico
emerge un dato importante: il 4 per cento delle partorienti sottoposte a
episiotomia – il taglio effettuato nella zona perianale per evitare lacerazioni
– denuncia problemi di incontinenza a distanza di qualche anno. «Abbiamo calcolato
– dice Roberto Merletti, direttore del Lisin – che in Europa sono coinvolte in questo
problema 80 mila donne l'anno. Di norma l'ostetrica non può sapere se la
partoriente, in caso di episiotomia, andrà incontro a questo inconveniente.
Grazie a un semplice test clinico, invece, la donna potrebbe scoprire il
rischio cui va incontro e optare, eventualmente, per un cesareo».
I nati in provincia di Torino nel 2010 sono
stati 21.500 e le episiotomie circa 12.900, vale a dire il 58% dei parti.
«Ipotizzando che circa il 3% di queste comporti danni allo sfintere, è ragionevole
stimare che si abbiano 650 casi di incontinenza correlata alla gravidanza ogni anno
nella sola provincia», conclude il professore Merletti.
Le alternative non sono molte. O sottoporsi
un'operazione chirurgica come il cesareo oppure scegliere il danno minore:
ovvero effettuare l'episiotomia, cercando di evitare le aree più innervate.
«Durante il primo o il secondo trimestre di gravidanza, le donne potrebbero
sottoporsi a un test clinico rapido e affidabile che fornisce indicazioni circa
le innervazioni dello sfintere – prosegue Merletti –. Con queste informazioni
le ostetriche potrebbero decidere su quale lato effettuare l'episiotomia per
causare meno disturbi».
Questo è soltanto uno dei risultati ottenuti
nel 2011 dal Lisin. Altri importanti traguardi, riconosciuti a livello
internazionale, sono stati raggiunti nella prevenzione delle patologie da lavoro
e nella medicina dello spazio, così come nei giochi per la riabilitazione dei
bambini, realizzati in collaborazione con il Laboratorio della Curiosità «Xchè»
di Torino. Eppure i ricercatori del Lisin sono tutti precari e, nonostante il
Politecnico nell'ultimo decennio abbia raddoppiato i suoi spazi, il laboratorio
ha ancora sede in un basso fabbricato nel cortile di un’abitazione civile.
«Un
nuovo esame? E una domanda Tullia Todros Sant’Anna. Non sempre ciò che è nuovo è anche utile»
direttore del dipartimento di ostetricia e neonatologia dell'azienda
ospedaliera Oirm-Sant'Anna, in che cosa consiste l'episiotomia e con quale
frequenza viene praticata?
«Ci sono alcuni casi in cui
il perineo di una donna è più rigido e può rendere difficoltosa la fuoriuscita
della testa del feto, quindi si fa un taglietto per consentire al feto di
uscire. Questo taglio è l'episiotomia. Al Sant’Anna su 7.600 parti nel 2011, esclusi
i cesarei, in circa il 40% si è effettuata l'episiotomia»
E’
vero che il 4% delle donne sottoposte a episiotomia rischia fenomeni di
incontinenza?
«Va specificato che questo 4
per cento può essere determinato anche da altre cause, quali per esempio le
dimensioni del feto e l'uso del forcipe. Non si deve tuttavia pensare che il
cesareo sia un'alternativa all’episiotomia. Si tratta pur sempre di
un’operazione chirurgica che può comportare rischi gravi».
Crede che un test preventivo sarebbe utile?
«In Italia si tende ad associare il concetto
di "nuovo" a quello di "bello", ma prima di introdurre un
esame servono studi clinici appropriati per verificarne potenzialità e limiti».
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