Mangiare pesce fa bene al cervello

Ma la frittura ne altera i nutrienti

 
  Mamme e nonne lo ripetono spesso ai bambini: «Mangia il pesce, così diventi intelligente». Hanno ragione, con un piccolo distinguo: stando a uno studio pubblicato sull’American Journal of Preventive Medicine consumare pesce almeno una volta a settimana aumenta il volume della materia grigia, a patto però di cuocerlo con metodi salutari, evitando le fritture. Secondo
i dati, raccolti su 260 persone che oltre a fornire informazioni sulle proprie abitudini alimentari si sono sottoposte a una risonanza magnetica del cervello, mangiare pesce cotto alla griglia o in forno fa “allargare” dal 4 al 14% aree cerebrali connesse alla memoria e alla cognitività. Ma l’effetto positivo si perde se si predilige il pesce fritto, anche se si opta per le specie più ricche dei preziosi omega-3, i maggiori responsabili dei benefici del pesce sul sistema nervoso.

  «In un’alimentazione equilibrata e sana non si deve vietare niente, perciò anche una frittura di pesce ogni tanto può andare bene - concede Ambra Morelli, responsabile
dell’Associazione Nazionale Dietisti per la Lombardia -, ma friggere espone l’alimento ad altissime temperature con un effetto negativo su quantità e qualità dei nutrienti. Per non compromettere i contenuti di vitamine e acidi grassi è molto meglio cucinare il pesce per tempi brevi e senza raggiungere temperature troppo alte: in questo modo si riducono i rischi che potrebbero derivare dal consumo a crudo, si mantiene più sapore e soprattutto si fa il pieno dei preziosi nutrienti, primi fra tutti gli omega-3». Questi acidi grassi, che si trovano in abbondanza in pesce, crostacei e frutti di mare, ma anche in mandorle e noci, hanno effetti antiossidanti e migliorano la composizione delle membrane delle cellule cerebrali. Salmone e pesce azzurro (come acciughe, sgombri, sardine) ne sono particolarmente ricchi.

  La ricerca appena pubblicata indica che si dovrebbero mangiare almeno una volta alla settimana. Come spiega Morelli: «È il minimo, una “dose” che può essere utile, per avvicinare al pesce chi non è abituato a mangiarlo. Meglio sarebbe portarlo in tavola almeno due o tre volte alla settimana, l’ideale è consumarlo quattro volte». Posto che conta molto come si cucinano, esistono, comunque, in assoluto, pesci “migliori” di altri? «Di fatto no, si può spaziare fra le diverse varietà includendo nella dieta anche i frutti di mare, pure se meno ricchi di omega-3, o seppie, calamari e polpi, più lunghi da digerire per la qualità delle loro proteine ma ugualmente validi» conclude la dietista.

Corriere della Sera, 21 novembre 2014


Nessun commento:

Posta un commento