Per chi beve, anche poco
Assumere bevande alcoliche, anche se in piccola quantità, pone comunque la donna incinta a rischio di avere un parto prematuro, con tutti i rischi per la salute e la vita che questo comporta per il bambino“Ma io bevo poco”, non dovrebbe essere un pretesto per assumere in gravidanza alcol o bevande che lo contengano, perché bere anche poco è stato trovato essere dannoso per il feto.
L’alcol
risulta comunque sempre dannoso, in qualche misura, quando lo si
assume. E in special modo quando si è incinta – sebbene
il dibattito sulla sua sicurezza o meno sia sempre acceso. Non
a caso le autorità sanitarie sconsigliano l’assunzione di bevande
che lo contengano, quando si aspetti un bambino. Tuttavia, per coloro
che scelgono – forse sconsideratamente – di farlo lo stesso,
l’NHS britannico (l’equivalente del Ministero della Salute)
raccomanda di non superare il mezzo litro a settimana.
I
parti prematuri sono circa 7 ogni 100 nascite, e questo può essere
dovuto a diversi fattori.
Uno di questi, così come emerso dallo studio condotto su 1.264 donne, è proprio l’assunzione di bevande alcoliche. L’assunzione di alcol è infatti stata collegata al doppio del rischio di parto pretermine.
Uno di questi, così come emerso dallo studio condotto su 1.264 donne, è proprio l’assunzione di bevande alcoliche. L’assunzione di alcol è infatti stata collegata al doppio del rischio di parto pretermine.
Sebbene alcuni esperti
gettino acqua sul fuoco, premettendo che non
s’intende scatenare il panico tra le donne incinte poiché il
rischio è basso; di
altro avviso sono altri scienziati che ritengono che l’alcol sia
sempre dannoso, a prescindere dalle quantità. A tale proposito, si
ricorda che bere pesantemente è stato associato da numerosi studi a
molti e seri rischi per il nascituro.
In sostanza, anche se
decidere di bere o meno è sempre una decisione che spetta alla mamma
incinta, secondo propria coscienza, ci si dovrebbe aspettare che il
rispetto per la nuova vita che cresce nel proprio grembo dovrebbe
avere la precedenza sui desideri non essenziali che la persona può
avere.
La
Stampa, 11 marzo 2014
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