Sesso e urologia

«Uomini, aspettate troppo a curare le difficoltà ad amare»

 
 E' la vergogna il peggior male degli uomini che hanno problemi sessuali. Aspettano almeno due o tre anni prima di chiedere aiuto al medico. E, spesso, al disturbo fisico si è aggiunto anche il disagio psichico ed emotivo.



  E' la Società italiana di urologia ad invitare i loro pazienti a parlare e raccontarsi senza remore ai primi sintomi in modo di non ritrovarsi a dover fronteggiare, oltre al disturbo, anche la compromissione di una relazione. Dall'incapacità a provare piacere, alla disfunzione erettile fino all'infertilità: la maggior parte degli uomini sceglie il silenzio.

  Eppure, il 30% ha problemi di eiaculazione precoce (circa 4 milioni) ma ancora oggi si guardano bene dall'andare in uno studio medico.«Un uomo con disturbi sessuali impiega almeno 2-3 anni prima di decidersi a chiedere aiuto. Da me vengono giovani che all'età di 30
anni non hanno ancora avuto un rapporto sessuale per paura della partner» fa sapere Chiara Simonelli, docente di Psicologia clinica dello sviluppo sessuale all'università La Sapienza di Roma.

  L'appello di sessuologi e andrologi proprio durante la presentazione del libro di Chiara Simonelli «Le disfunzioni sessuali maschili e il modello integrato nel contesto pubblico». Nel manuale sono raccolti sei anni di lavoro clinico effettuato presso l'ambulatorio psico-sessuologico del dipartimento di Urologia del Policlinico Umberto I a Roma. In questo dipartimento le disfunzioni sessuali maschili vengono affrontate secondo un nuovo modello integrato: andrologi e psico-sessuologi uniti per una diagnosi più completa.

  Vincenzo Gentile, ordinario di Urologia a La Sapienza: «I disturbi sono molto più diffusi di quanto si possa pensare ma se non si aprla anche per noi è più difficile intervenire quando la situazione è diventata più grave». Carlo Gargiulo, medico di famiglia di Roma: «Ci rivolgiamo anche i giovani che sembrano disinvolti e spregiudicati ma fanno tanta fatica a bussare ai nostri studi».

Il Messaggero, 8 dicembre 2013,

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