Nuove linee guida Esame
automatizzato degli occhi in età prescolare
È possibile valutare anche i
più piccini
di Antonella Sparvoli
Lo hanno ricordato gli esperti intervenuti a
Bologna al XVI Congresso interdisciplinare «Le età del vedere», promosso
dall'Istituto ottica e optometria Benigno Zaccagnini.
«Un vizio refrattivo, soprattutto se elevato,
in un bambino piccolo a volte può essere la spia di problematiche meritevoli di
ulteriori accertamenti — conferma il professor Paolo Nucci, direttore della
Clinica oculistica universitaria dell’Ospedale San Giuseppe di Milano e
relatore al congresso —. Per esempio, un forte astigmatismo che muta col
passare del tempo potrebbe essere un segnale di cheratocono, malattia della cornea
che di solito colpisce entrambi gli occhi e comporta assottigliamento e
incurvamento progressivo verso l'esterno della parte centrale della cornea (la
superficie anteriore trasparente dell’occhio diviene sporgente). Ipermetropia o
miopia importanti potrebbero, invece, essere il campanello d'allarme di forme
genetiche che coinvolgono gli occhi e possono indebolire l'apparato visivo in
misura importante. Si tratta di casi rari, ma è bene riconoscerli subito per
poter prendere eventuali precauzioni».
Non a caso oggi c'è un consenso sempre più
unanime per promuovere regolari controlli della vista a partire dalla più
tenera età. E i progressi nelle tecnologie e negli strumenti utilizzabili per
lo screening potrebbero
aiutare a rendere le cose più semplici, come fanno
notare anche gli esperti dell'American Association for Pediatric Ophthalmology
and Strabismus nelle nuove linee guida per lo screening automatizzato della
vista in età prescolare. «Negli ultimi 10 anni — fanno notare gli oculisti
americani — i metodi automatizzati sono così migliorati che è possibile
identificare problemi visivi prima che il bambino sia in grado di leggere le
tradizionali tavole optometriche».
«Oggi c'è una grande domanda e una piccola
offerta per lo screening della vista nei bambini, ma gran parte dei problemi
potrebbe essere risolta proponendo controlli negli asili e nelle scuole e le
moderne tecnologie, in mano a tecnici competenti come per esempio gli
ortottisti, potrebbero essere di grande aiuto» suggerisce Nucci.
Per lo screening, secondo le nuove linee
guida americane, è utile usare criteri diversi per i bambini tra i 12 e i 36
mesi e quelli tra i 3 e i 5 anni, come precisa lo stesso professor Nucci: «Un
buon sistema di screening nei bambini più piccoli (sotto i 36 mesi) è il
cosiddetto fotoscreening. Il test si basa sul fenomeno della riflessione della
luce da parte della retina, da cui derivano gli "occhi rossi" che
compaiono nelle fotografie scattate con il flash. Da un'immagine scattata con
un'apparecchiatura non invasiva e senza la collaborazione del paziente, un
tecnico può verificare se il riflesso rosso è simmetrico, e quindi la vista è
presumibilmente buona, oppure asimmetrico o con macchie, cioè se ci sono
eventuali patologie. Questo strumento non è infallibile, dà misurazioni
grossolane e ha un margine di errore, nel senso che può dare falsi positivi, ma
molto di rado può fare il contrario, ovvero dire che è perfetto un occhio che
non lo è (falsi negativi). Questo esame può aiutare a cogliere indizi di cataratta
congenita, retinoblastoma, glaucoma infantile o altri problemi meritevoli di
accertamenti. Alla soglia dei 3 anni, i bambini diventano più collaborativi e
si possono iniziare a usare le tavole ottotipiche, anche abbinate all’autore
frattometro, macchina che permette di misurare il potere refrattivo
dell'occhio».
Le alterazioni del sistema visivo in età
pediatrica riguardano dal 4 al 6% dei bambini e i controlli giusti nei tempi
giusti possono fare la differenza, aiutando a ripristinare la funzione visiva e
a curare patologie che possono mettere a rischio non solo la visione, ma
addirittura la vita.
Corriere della Sera, 17
febbraio 2013, pag,
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