di . di Giacomo Samek
La recente depenalizzazione
dell’aborto in Uruguay rischia di scontrarsi con un ostacolo più tenace del
previsto: l’obiezione di coscienza. Tutti i ginecologi della provincia di Salto
– una delle più popolose del Paese sudamericano – hanno deciso di ricorrere al
diritto di obiezione per evitare di partecipare alle interruzioni volontarie di
gravidanza.
In altre regioni uruguayane,
i medici obiettori sono quasi il 90%. Secondo alcune fonti, in tutto il Paese
l’obiezione ha già raggiunto un tasso del 30%. La legge approvata a ottobre ed
entrata in vigore a dicembre riconosce la possibilità di obiettare anche alle
istituzioni mediche private (ad esempio gestite da religiosi), ma le cliniche
sono comunque costrette a indirizzare verso altri istituti le pazienti che
vogliono rinunciare al bambino: un particolare che genera malumore fra i camici
bianchi.
La depenalizzazione permette
alle uruguayane e alle straniere residenti da oltre un anno nel Paese di
abortire liberamente entro le prime 12 settimane di gestazione. Nel primo mese
della nuova normativa sono stati realizzati 200 interventi. C’è un dato
positivo: fra il 10% e il 20% delle donne che pensavano di abortire – e hanno
ricevuto informazioni – hanno deciso di tenere il piccolo.
Avvenire, 24 gennaio 2013,
pag, 364
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